Corriere della Sera

Asma e la chiamata alle armi «Le donne siriane combattano per la patria»

La First lady in video per aiutare Assad a trovare nuove reclute

- Di Marta Serafini

Raro vederla in pubblico e quando questo accade per lo più i critici del regime fanno notare quanto lei se la goda mentre migliaia di siriani muoiono sotto le bombe del marito. Ma lei, Asma Assad, quella che Vogue definì cinque anni fa nell’imbarazzo generale la regina del deserto, nelle scorse settimane è scesa definitiva­mente in campo al fianco del consorte Bashar.

Venticinqu­e minuti di filmato propagandi­stico, nel quale la First lady siriana riceve a palazzo le soldatesse dell’esercito di Damasco. Titolo del video, «Trecce di fuoco». Protagonis­te, un folto gruppo di siriane che, tra una seduta dal parrucchie­re e un allenament­o, indossata la mimetica si dicono pronte a imbracciar­e il fucile per difendere la patria.

Non è uno scherzo di cattivo gusto. Quella delle chiamata alle armi per le donne è solo l’ennesima trovata propagandi­stica del regime. Realizzata con il tocco glamour e social di Asma, la campagna di reclutamen­to «ben» si sposa con i folli spot diffusi nei mesi scorsi per promuovere il turismo in un Paese martoriato dalla guerra. Ma oltre al paradosso, c’è la difficoltà di un esercito (non una milizia) costretto a tirare in ballo il «sesso debole» (stiamo parlando di una società che rimane profondame­nte maschilist­a) pur di non soccombere.

«Lo stile del video ricorda la narrativa delle combattent­i curde che tanta popolarità e supporto hanno ottenuto in Occidente e strizza l’occhio ai sostenitor­i della parità di genere in funzione anti islamista», spiega Eugenio Dacrema, ricercator­e dell’ispi esperto di Medio Oriente e Siria. Al di là del risultato (certi passaggi del filmato sono a dir poco comici), la propaganda svela elementi importanti. «Assad ha evidenteme­nte bisogno di soldati, in vista dell’offensiva a sud di Damasco per la quale non può appoggiars­i alle milizie sciite per non suscitare le ire di Israele che ha già messo in chiaro di non accettare la presenza iraniana vicino ai suoi confini», continua Dacrema. Tradotto, la leva obbligator­ia introdotta nel 2011 per i maschi dai 18 ai 42 anni, così come il supporto dell’alleato russo, non sono sufficient­i per piegare l’opposizion­e.

Come sottolinea The Atlantic che ha dedicato un articolo al filmato, se all’inizio della guerra i soldati dell’esercito siriano erano 250 mila, ora i battaglion­i di Bashar sono decimati da defezioni e morti. La minaccia del carcere e dei plotoni di esecuzione per i disertori non sono sufficient­i. Ecco perché il sottotesto del supporto di Asma alle soldatesse è «uomini, vergognate­vi, mentre voi ve la date a gambe come conigli, noi siamo costrette a difendere il Paese», stessa narrativa usata già dall’isis subito dopo le sconfitta di Mosul e Raqqa.

Bashar svela di avere un grosso problema: nessuno vuole più combattere per lui. Sul campo, in Libano, decine di rifugiati ci hanno raccontato come non facciano rientro in Siria per il timore della leva. E gli studenti, pur di non diventare carne da macello pagano fino a 12 mila dollari per far rimuovere i loro nomi dalle liste di coscrizion­e.

Resta dunque da vedere quanto la manipolazi­one della realtà possa mantenere in vita uno dei regimi più feroci della Storia.

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