Il dietrofront di Mbs, arrestate 5 attiviste per i diritti femminili
Arrestate poche settimane prima dell’abolizione del driving ban, il divieto di guida per le donne. Sono almeno cinque le attiviste saudite finite in cella per ordine del principe Mohammed bin Salman con l’accusa di cospirazione. Tra loro, Loujain al Hathloul, Aziza al Yousef e Eman al Nafjan, quest’ultima intervistata in febbraio dal Corriere in Arabia Saudita e tutte impegnate nella difesa dei diritti femminili, compreso quello di poter mettersi al volante.
Secondo le organizzazioni per i diritti umani già da tempo alle attiviste è stato ordinato di non parlare con la stampa e nelle scorse settimane ad alcune di loro è stato negato il permesso di lasciare il Paese. «L’unico crimine di queste donne sembra essere di aver chiesto di guidare prima del permesso di Mbs», ha dichiarato Sarah Leah Whitson, direttrice per il Medio Oriente di Human Rights Watch.
Vietato prendersi il merito delle concessioni fatte dalla corona. Se il principe Mbs si dice paladino delle donne e fa della parità di genere uno dei pilastri del suo piano di modernizzazione Vision 2030, a quanto pare non gradisce troppo che le donne gli rivolgano critiche. Al Hathloul era già stata arrestata all’età di 25 anni quando guidò dai vicini Emirati Arabi Uniti fino al confine saudita nel novembre 2014. Allora rimase in un centro di detenzione minorile per 73 giorni. A difenderla, l’avvocato Ibrahim al-mudaimigh pure lui in manette.
La scure di Mbs, che ha fatto incarcerare centinaia di funzionari e principi (tra cui anche membri della famiglia reale) non si placa. E l’arabia Saudita appare ancora ben lontana da quella modernità che Mohammed Bin Salman vuole per il suo regno, un Paese dove è ancora in vigore la segregazione femminile. E dove le donne sono totalmente sottoposte al controllo di un guardiano. Padre, marito, fratello o principe che sia.