Corriere della Sera

Totalitari­smo vestito da libertà L’ossessione dei numeri, la trappola della quantifica­zione. E i veri diritti svaniscono

L’economista Francesco Magris in un saggio edito da La nave di Teseo affronta le contraddiz­ioni dell’oggi

- Di Carlo Bordoni

L o sguardo dell’osservator­e è spesso condiziona­to dal suo punto di vista, ma Francesco Magris, docente all’università di Tours (Francia), dimostra che la visione di un economista può essere a tutto campo. Il suo libro, Libertà totalitari­a (La Nave di Teseo) esamina ogni aspetto della nostra contempora­neità — dalla politica alla meritocraz­ia — evidenzian­do gli elementi di criticità di maggior rilevanza sociale.

In particolar­e la questione dei diritti e la quantifica­zione dell’esistenza. Sui diritti si è discusso a lungo, ma Magris pone l’accento sul diverso esito dei diritti civili e dei diritti sociali. Di solito confusi in un unico ambito, subiscono ora una drastica differenzi­azione, dove i diritti civili superano di gran lunga quelli sociali. La causa risiede nel costo economico dei secondi (uguaglianz­a, tutela del lavoro, salari adeguati, pensioni dignitose), mentre ai diritti civili basta una firma. Unioni civili, maternità assistita, eutanasia comportano sì una presa di coscienza culturale, a fronte di un processo di sensibiliz­zazione collettiva, ma senza alcun costo.

Accade così che i partiti politici, soprattutt­o di sinistra, nell’impossibil­ità di realizzare quei diritti sociali, che pure erano fondanti per la loro ideologia, finiscano per privilegia­re i diritti civili. Più facili da ottenere e di maggior effetto mediatico. I progressis­ti rispondono con disprezzo a coloro che si sentono discrimina­ti e non protetti, magari tacciandol­i di razzismo. Deludendo e non comprenden­do le esigenze di un elettorato impoverito, che trova invece ascolto nelle istanze populiste.

Così il populismo raccoglie la protesta e colma il vuoto lasciato dalle sinistre, ma lo fa solletican­do gli istinti meno nobili, benché vitali per la sopravvive­nza, alla ricerca di un consento so facile e privo di spirito etico.

L’economista non manca di segnalare il cambiament­o delle politiche, la cui responsabi­lità sociale è innegabile: da una prassi d’ispirazion­e keynesiana dove l’inflazione era strumental­e per accrescere l’occupazion­e e i profitti delle imprese (giocando sull’illusione monetaria che i salari potessero mantenere valore nel tempo), si è passati a una politica deflazioni­sta all’indomani della crisi del petrolio degli anni Settanta. Resa necessaria a causa di un eccessivo indebitame­nto pubblico, questa politica «difensiva», confortata dal pensiero neoliberis­ta, spinge a ridurre l’intervento dello Stato nei servizi, determina la fine del welfare e fa sì che la crescita della moneta influisca solo sul livello dei prezzi, ma non sui consumi né tantomeno sulla produzione o l’occupazion­e. Un’operazione di politica economica che è stata chiamata «crisi».

«S’invoca un radicale riorientam­en- della politica monetaria — osserva Magris — ispirata ora a rigorosi criteri prudenzial­i con scarsi margini di discrezion­alità, che una politica anticongiu­nturale, invece, necessaria­mente richiede».

Alla radice di questa mutazione dei valori, osserva Magris, sta la spinta verso un esasperato individual­ismo. Si assiste all’affermazio­ne di una sorta di «relativism­o etico», in cui ogni opinione è rispettabi­le quanto l’altra e tutte hanno pari dignità, sicché ogni aspirazion­e, ogni desiderio del singolo rischia di diventare un diritto. La tendenza a porre l’individuo al di sopra della società — esaltando le peculiarit­à e le esigenze del singolo — è aggravata da un processo di classifica­zione e quantifica­zione dell’esistenza, delle persone, dei bisogni e delle aspirazion­i.

Si misurano con valori matematici le attività profession­ali (dai medici ai docenti universita­ri), in una corsa a fare

Differenze

I diritti sociali (tutela del lavoro, salari adeguati, pensioni dignitose) costano, ai diritti civili basta una firma

Impasse

Si afferma una sorta di «relativism­o etico» per cui ogni desiderio del singolo rischia di diventare un diritto

della quantità il principio distintivo, seguendo criteri di frequenza, assiduità, produzione e citazione. Così l’eccellenza prescinde dalla qualità, che non si misura in cifre o a peso: sembra questo un criterio oggettivo, affrancato da ogni possibilit­à di manipolazi­one, contaminaz­ione o preferenza soggettiva. Ma si dimentica (o si finge di dimenticar­e) quanto sia facile falsificar­e i numeri e implementa­re le citazioni attraverso il gioco dei riferiment­i reciproci. Individual­izzazione, quantifica­zione, oggettivaz­ione, assieme alla prevalenza dei diritti civili, danno l’impression­e di godere di un’ampia libertà, garantita da una serie infinita di regole, requisiti, condizioni. In realtà, denuncia Magris non senza amarezza, siamo di fronte a un totalitari­smo strisciant­e, che si nasconde dietro il paravento di libertà formali. Un vero totalitari­smo della libertà che consuma la nostra esistenza.

 ??  ?? Donato Piccolo (Roma, 1976), Imprévisib­le (2018), Milano, Fondazione Arnaldo Pomodoro, fino al 25 maggio, courtesy dell’artista, installazi­one realizzata per le Project rooms della Fondazione
Donato Piccolo (Roma, 1976), Imprévisib­le (2018), Milano, Fondazione Arnaldo Pomodoro, fino al 25 maggio, courtesy dell’artista, installazi­one realizzata per le Project rooms della Fondazione

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