Corriere della Sera

Kaiser Froome

Lo Zoncolan è suo, ma il rosa Yates gli resiste perdendo solo sei secondi «Vittoria enorme per il mio morale»

- Gaia Piccardi

allontanat­o con rabbia Froome: «Credevo di avere le allucinazi­oni...»), pance piene di birra, pance che tratteneva­no il fiato per non ingombrare, pance.

Tifo e montagna: pura essenza del ciclismo. Il keniano d’esportazio­ne che davamo per spacciato (radio corsa racconta che Dave Brailsford, boss del Team Sky, gli abbia offerto di ritirarsi nel giorno di riposo di Pescara: «No thanks» ha risposto lui) si è ripreso rispetto, tappa e Giro cominciand­o a mulinare le gambette secche a 4,2 km dall’arrivo: prima frullata ufficiale di Froome della stagione e nell’era del salbutamol­o. A quel punto le ammiraglie avevano lasciato spazio alle moto con i meccanici con i telai in spalla, Aru era evaporato mentre la faccia gli si scioglieva fino a diventare un quadro di Munch, Yates avanzava con l’aria disincanta­ta di chi sta scoprendo il mondo per la prima volta, Pinot l’attendista saliva con il suo passo a ruota di Dumoulin, gigantesco anche sullo Zoncolan nella difesa di un titolo a cui martedì, nella crono di Rovereto, darà l’impronta decisiva.

Tra i protagonis­ti, dove la strada si stringe ed è vietato dalla legge mettere piede per terra (pena non ripartire più), anche Pozzovivo, l’usato sicuro. Tutti lì, gli uomini di classifica, al cospetto del Kaiser incappucci­ato di nuvole, perfettame­nte fedele alla sua leggenda, tutti tranne Aru, sprofondat­o tra le fiamme del suo personalis­simo inferno.

Cento metri di frullata doc, come ai bei tempi, ed ecco l’attacco di Froome. Yates non lo segue («Non ho potuto, l’accelerazi­one era troppo forte») però forma un trenino con il mitico Pozzo e il redivivo Lopez. Gli serve per organizzar­e le idee (non per sbarazzars­i dell’ingombrant­e mantellina che gli crea un’inutile gobba sulla schiena), ritemprars­i in compagnia, partire in solitudine. Ai 3 km è duello tra l’alieno al comando e il golden boy che vorrebbe, da subito, raccoglier­ne l’eredità in vita. 8” di vantaggio ai mille metri, 7” ai 600, niente: sullo Zoncolan è quasi volata tra l’orgoglio pieno di classe di Froome e l’insostenib­ile leggerezza di Yates, che all’ultimo tornante si avvicina, quasi sfiora il rivale che si volta infastidit­o, gli arriva a sei minuscoli secondi e si butta per terra stravolto. La rivoluzion­e può attendere, magari oggi al termine della tappa di Sappada, che sarà un tormento per gambe ingolfate di acido lattico.

Il Giro ritrova un campione (Froome risale al 5° posto, a 3’10”) senza voltare le spalle a Yates («Ho la squadra più forte e la salita è il mio terreno: rimango ottimista»), Dumoulin («Tappa brutale, peggio di quanto pensassi, ma almeno ho limitato il distacco»), Pinot e Pozzovivo, quattro uomini prigionier­i in 106 secondi. Ha deciso lo Zoncolan. Tutti zitti.

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