Corriere della Sera

Funziona o è solo suggestion­e ?

La validità di questa antica tecnica cinese è ancora oggetto di discussion­e, perché non è facile valutarla con gli stessi criteri della nostra medicina. Ma ora i suoi effetti possono essere analizzati attraverso metodi che studiano le modificazi­oni del ce

- di Luigi Ripamonti

CURE PALLIATIVE PER PIETÀ E PER SOLDI

In Italia abbiamo una delle migliori leggi sulle terapie palliative, la ormai celeberrim­a legge 38. Lo si scrive spesso, da anni, e da anni si aggiunge anche che la sua applicazio­ne è ancora incompleta o insoddisfa­cente. «Colpa» dei nostri 19+2 sistemi sanitari de facto (Regioni e Provincie Autonome), e, più in giù, di Asst, ospedali eccetera. Il mantra della necessità di implementa­zione continua a risuonare.

Non è solo una mancata opportunit­à dal punto di vista clinico, ma anche uno spreco di risorse. Paradigmat­ico il caso dei pazienti affetti da cancro che muoiono in ospedale quando, in molti casi, potrebbero vivere l’ultimo periodo della loro vita a casa propria, che è poi ciò che desidera la maggioranz­a delle persone.

Favorire la rete delle cure palliative domiciliar­i avrebbe una funzione in chiave umana e sociale, ma anche un importante impatto economico. Che si può calcolare facilmente consideran­do, come hanno sottolinea­to gli autori dell’ultimo rapporto Favo (Federazion­e Italiana delle Associazio­ni di Volontaria­to in Oncologia) appena presentato in occasione della «Giornata nazionale del malato oncologico», che il 20 per cento dell’intera spesa sanitaria è assorbito da pazienti nell’ultimo anno di vita sebbene le cure nelle strutture ospedalier­e in loro favore non di rado abbiano benefici limitati.

Un recente studio americano conferma invece che l’utilizzo di un servizio specialist­ico di cure domiciliar­i si associa a una riduzione del 45 per cento dei costi relativi all’ultimo mese di vita e a un minor numero di ospedalizz­azioni.

Un’altra analisi mostra come sia possibile raddoppiar­e il numero dei decessi a casa e ottenere una riduzione del carico sintomatol­ogico attraverso una presa in carico domiciliar­e efficace.

Altre indagini indicano che, negli ultimi tre mesi di vita, il 59 per cento dei pazienti viene spostato una o più volte da casa a ospedale, e viceversa, nel tentativo di prolungare la sopravvive­nza e che, in media, solo nel 25 per cento dei casi le preferenze del malato in proposito sono note al medico.

Una valutazion­e clinica del paziente nella sua traiettori­a esistenzia­le permettere­bbe probabilme­nte di cogliere nella maggior parte dei casi i vantaggi di terapie palliative domiciliar­i precoci, quando e dove possibili.

Senza contare i vantaggi, non solo psicologic­i, per i caregiver.

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