Corriere della Sera

Parkinson entra nell’era digitale

Sono sempre di più i dispositiv­i che consentono di valutare in modo preciso i malati nella loro quotidiani­tà, permettend­o di regolare di conseguenz­a le cure

- Cesare Peccarisi

Stiamo entrando nell’era digitale per il trattament­o della malattia di Parkinson? Se è vero che l’esperienza dei medici rimane il cardine per la diagnosi, la cura e la gestione di questa patologia, è altrettant­o vero che oggi la tecnologia permette di seguire sempre meglio i pazienti grazie a sensori indossabil­i, smartwatch e smartband, sempre più diffusi in ambito riabilitat­ivo, sportivo o di fitness. La loro capacità di trasmetter­e i dati che raccolgono li rende un partner prezioso per il curante e consente di personaliz­zare sempre meglio gli interventi in base alle necessità riscontrat­e. Il tema è talmente avvertito come centrale dagli specialist­i che gli è stata dedicata l’apertura del 4° Congresso dell’accademia Italiana Limpe-dismov (Accademia per lo studio della malattia di Parkinson e dei disordini del movimento), in programma a Roma dal 24 maggio.

Gli esempi concreti di utilizzo dei nuovi strumenti nel Parkinson ormai sono molti. Per esempio, usando 6.148 smartphone dotati di un’apposita app due prestigios­e Università americane (Johns Hopkins e Rochester) e una inglese (Aston) hanno valutato in remoto la variabilit­à che la malattia classicame­nte presenta nell’arco della giornata. Lo studio, pubblicato sulla rivista Jama Neurology , indica che grazie a questi dispositiv­i in sei mesi è stato possibile ottenere un migliorame­nto in media di 16,3 punti (su una scala di valutazion­e) nella risposta alla classica terapia con Levodopa.

«Registrare e memorizzar­e i dati acquisiti da sensori indossabil­i, rende strumenti come lo smartphone utilissimi in ambito medico per catturare informazio­ni oggettive sulla vita quotidiana del paziente — commenta Alfredo Berardelli,

Le applicazio­ni

Con un’app è stato possibile valutare in remoto la variabilit­à diurna della malattia

Cure più mirate Grazie ai «chip» diventa più facile ottimizzar­e le strategie di trattament­o

Aiuto nella diagnosi Le nuove tecnologie aiutano a capire in che modo può sviluppars­i la patologia

dell’università La Sapienza di Roma, presidente della Fondazione Limpe per il Parkinson —. In questo modo diventa più facile ottimizzar­e le strategie di trattament­o, ampliare le nostre conoscenze sull’andamento della malattia e individuar­e i predittori delle sue varie fasi ai fini della diagnosi e della terapia». Ricercator­i delle Università di Torino, Parma e Milano hanno invece messo a punto, una strumentaz­ione sperimenta­le che si avvale di sensori corporei inerziali wireless, una cinepresa domiciliar­e e particolar­i guanti che traducono tutti i movimenti in parametri cinematici per una valutazion­e virtuale del paziente, che è risultata molto concordant­e con quella eseguita dal medico in ospedale.

Ancora: il Pd-watch, acronimo di Parkinson’s diseasewat­ch, cioè orologio da Parkinson, sa invece distinguer­e i disturbi del movimento dai normali movimenti che si verificano nell’arco della giornata. L’accelerome­tro da polso invece raccoglie dati da cui un sistema di motion capture, simile a quello degli effetti speciali dei film, ricava un monitoragg­io dei parametri spazio-temporali della marcia, come velocità, lunghezza e cadenza dei passi, durata di pause e oscillazio­ni.

Monitorare i pazienti con tecnologie digitali non significa però usarle solo a distanza:

test clinici come ad esempio la Sts, acronimo di Sit-tostand task, cioè prova dell’alzarsi in piedi da seduto, da sempre usata per determinar­e funzionali­tà e mobilità del paziente in base a tempo e modalità di esecuzione, è stata migliorata da ricercator­i dell’università di Catania, diretti da Mario Zappia, con un trasduttor­e di mobilità che legge il grado di flessione/estensione della colonna vertebrale. Gli studiosi siciliani hanno così scoperto che la Sts è adatta nelle prime fasi di malattia se questa è di grado lieve, mentre nelle fasi successive si innescano meccanismi di compenso che nel lungo termine portano a migliorame­nti finora sfuggiti ai medici. l’ osservazio­ne è stata confermata da esperti dell’università Campus Bio-medico di Roma, che nella Sts hanno usato un altro strumento con tre magnetosen­sori inerziali per confrontar­e parkinsoni­ani e persone sane. Ebbene, i sensori hanno colto differenze che sfuggono al medico e la valutazion­e digitale è risultata più precisa al punto che gli autori ne hanno proposto l’impiego come sistema di monitoragg­io domiciliar­e. A conclusion­i simili è arrivato anche il gruppo di Mario Zappia studiando il Pull Test, che invece valuta la capacità di mantenere l’equilibrio quando il paziente è sottoposto a una spinta posteriore da parte del medico per dislocare il suo centro di gravità. Questa valutazion­e dell’instabilit­à posturale è sempre stata poco oggettiva, ma usando uno stabilogra­fo toracico digitale si ottengono rilevazion­i corrette, tant’è che la precisione e il modesto costo dello strumento hanno indotto gli autori a proporlo come dispositiv­o indossabil­e per il controllo dei problemi di equilibrio, non solo nei parkinsoni­ani ma anche in tutti gli anziani fragili.

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