Corriere della Sera

La Cina importerà più beni Usa Trump sospende i dazi a Pechino

Prima intesa a Washington, nuovo round di negoziati nel Paese asiatico

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE G.sar.

WASHINGTON Tregua e disarmo nella guerra commercial­e tra Stati Uniti e Cina. Dopo due giorni di negoziati, la delegazion­e di Pechino, guidata dal vice primo ministro Liu He, torna a casa con un risultato concreto, confermato ieri dalle parti. Prima da Liu He e poi da Steven Mnuchin.

Il segretario al Tesoro Usa ha dichiarato in un’intervista a «Fox news»: «Abbiamo concordato di interrompe­re lo scontro e quindi di sospendere l’efficacia delle nuove tariffe, mentre tentiamo di raggiunger­e l’accordo».

Nel concreto questo significa che le autorità doganali statuniten­si annullano, almeno per ora, i dazi aggiuntivi sull’import di pannelli solari (30%), acciaio (25%) e alluminio (10%), nonché su altri 1300 prodotti, soprattutt­o tecnologic­i, per un corrispett­ivo di 60 miliardi. Congelata anche la minaccia di far scattare un altro pacchetto da 150 miliardi di dollari.

In parallelo la Cina cancella l’aggravio del 25% imposto su 106 articoli, dalla soia alla carne di maiale ai macchinari, per un corrispett­ivo di 50-60 miliardi di dollari.

Tensioni azzerate, quindi. La trattativa riprenderà a Pechino, con un’altra missione americana, la seconda in poche settimane. Il quadro resta complicato. Mnuchin valorizza il risultato raggiunto in questi giorni e riassunto nel comunicato congiunto diffuso sabato scorso in questi termini: «C’è stato consenso sulla necessità di adottare misure per ridurre sostanzial­mente il deficit commercial­e degli Stati Uniti nei confronti della Cina.

Il governo cinese aumenterà in modo significat­ivo l’acquisto di beni e servizi americani, in modo da soddisfare la crescente domanda di consumi interna per beni di alta qualità. Ciò sosterrà la crescita e la creazione di posti di lavoro negli Usa». Come si vede non ci sono numeri. Donald Trump aveva fissato il risultato «minimo»: Pechino deve impegnarsi a ridurre il disavanzo, che nel 2017 è stato pari a 375 miliardi di dollari, per almeno 200 miliardi entro il 2020. Ma già ieri i contorni di questa cifra cominciava­no a sfumare. Lo stesso ministro del Tesoro ha precisato sempre a «Fox news»: «Abbiamo obiettivi molto specifici, certamente non ho intenzione di rivelarli ora. Diciamo che variano da industria a industria». E Larry Kudlow, il neo consiglier­e economico di Trump, ha aggiunto: «I 200 miliardi sono una stima largamente approssima­tiva».

Oltre che sulle grandezze economiche si lavora sulle regole. Washington chiede che le imprese americane presenti in Cina non siano costrette a svelare i segreti hi-tech e, in generale, che siano tutelati i diritti intellettu­ali e i brevetti. Stando sempre alla nota comune, Pechino si è impegnata «a introdurre rilevanti modifiche alle leggi e ai regolament­i in questo settore, compresa la normativa sui brevetti».

Dal tavolo dovrebbe, invece, sparire il dossier sulla Zte, la società di telefonia cinese colpita dalle sanzioni Usa per aver venduto materiali alla Corea del Nord e all’iran. In un primo momento il presidente aveva aperto all’idea di revocare le misure punitive, per salvare i posti di lavoro dell’azienda. Ieri, però, Mnuchin ha confermato la marcia indietro: «Sulla Zte il presidente sarà molto duro».

200 miliardi

Pechino deve ridurre il deficit per 200 miliardi Ma i contorni della cifra restano indefiniti

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In alto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Sopra, il segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin. Sotto, il vicepremie­r cinese Liu He
Negoziati In alto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Sopra, il segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin. Sotto, il vicepremie­r cinese Liu He
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