Corriere della Sera

Rigore per la Germania

- di Massimo Gramellini

Itedeschi ci adorano. Quelli che scrivono sui giornali, almeno. Dalla lettura combinata di editoriali e vignette che Spiegel, Faz e Süddeutsch­e Zeitung dedicano alla situazione italiana emerge il ritratto di un Paese meraviglio­so in cui francament­e non mi ero accorto di abitare. Tanto per cominciare, siamo tutti ricchi di famiglia e ci trastullia­mo in un «dolce far niente». Potremmo ampiamente pagare i debiti e lasciare anche qualche euro di mancia alla Merkel. Invece, essendo «scrocconi senza orgoglio», preferiamo farci mantenere, arrabbiand­oci pure con i creditori perché si ostinano a volere indietro i soldi. La buona notizia è che si rifiutano di definirci mendicanti. Ma solo perché, precisano, «i mendicanti almeno dicono grazie». Ci vedono come il conducente di un ’apecar che, mentre sprofonda nel burrone, si affaccia al finestrino per fare l’ombrello. Oppure come un malato assistito dai tragici medici Di Maio e Salvini, ribattezza­ti Peste e Colera (per l’uomo che da giovane cantava inni da stadio contro i napoletani, una specie di nemesi).

Poiché il forse-ministro-ma-forse-no Paolo Savona ha scritto che dai tempi del nazismo i tedeschi non sono poi così cambiati, suggerirei di deporre i luoghi comuni prima che sia troppo tardi, affidando la soluzione della diatriba al campo che ci riesce meglio, quello di calcio. Anche se l’unica Italia ad avere perso una partita importante contro la Germania era guidata da un certo Conte.

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