L’addio di Gentiloni: basta poco per finire fuori strada
Il discorso al personale di Palazzo Chigi. Poi la battuta: «Dovrebbe arrivare un nuovo governo»
«Dovrebbe arrivare un nuovo governo». Aveva riso il personale della presidenza del Consiglio, in mattinata, per quell’addio con cautela di Paolo Gentiloni, a Palazzo Chigi. Un condizionale che lì per lì era sembrato ironico, dopo 80 giorni di negoziati e nel giorno del muro contro muro su Paolo Savona. Ma in serata la realtà ha superato l’ironia: il governo non è arrivato ancora e sono aumentate le possibilità che, almeno per ora, non arrivi a breve.
Intanto però gli scatoloni sono stati fatti (il ministro Enrico Franceschini li posta su Facebook). I saluti e il discorso di commiato anche. Con tanto di rivendicazione del lavoro svolto e del monito contro dissipazioni dei risultati.
Non si deve «dilapidare il lavoro che è stato fatto in questi anni, perché risalire una china per cinque lunghi anni, come l’italia ha fatto, non è semplice: è un lavoro che richiede perseveranza, costanza, impegno, sacrificio, professionalità. Per andare fuori strada non servono 5 anni, bastano pochi mesi, o addirittura settimane: se vi guardate intorno — avverte Gentiloni — in giro per il mondo, avete esempi di Paesi che hanno scelto strade che hanno portato molto rapidamente a situazioni difficili».
Nelle ore in cui lo spread torna a salire, Gentiloni si descrive in continuità con il percorso di Enrico Letta e Matteo Renzi, e rimarca che, a cinque anni dall’inizio della legislatura, «comunque la si pensi dal punto di vista politico, noi lasciamo un Paese con più crescita e, tutto sommato, con più lavoro, con più diritti, con i conti in ordine. E c’è più sicurezza, avendo inferto dei colpi molto importanti al traffico clandestino di esseri umani».
Nonostante questo lavoro, però, ammette il premier uscente, restano «le cicatrici e le ferite della crisi più grave del nostro dopoguerra, e il risultato delle elezioni è lì a ricordarcelo, in modo molto serio. Bisogna prendersene cura — dice —, di queste cicatrici, della rabbia e del disagio, delle difficoltà economiche, delle paure che provocano. Tutto deve fare chi governa tranne mancare di rispetto ai risultati delle elezioni».
«Chi ci vede da fuori, magari pensando che tutto sia facile (e non c’è alcun riferimento all’attualità) si rende conto nel giro di poche settimane di come sia assolutamente complesso» sottolinea l’ex ministro degli Esteri del governo Renzi. «Dobbiamo rendere il sistema meno complesso, più efficiente, perché i cittadini ce lo chiedono, ma c’è un certo livello oltre il quale non si può andare, perché ci sono le regole ed è giusto rispettarle», aggiunge.
Applausi. Saluti: «È stato per me un grande onore servire l’italia da qui, vi faccio gli auguri per i prossimi anni». E battute semiserie. «Non so se qui ci sia una stanza dei bottoni: se c’è, a me non l’hanno mostrata». E ancora: «In questi ultimi due o tre mesi siamo stati in altalena». Ieri ancora un’altra spinta.
Il bilancio «Noi lasciamo un Paese con più crescita e, tutto sommato, più lavoro e più diritti»
Il futuro «Non si deve dilapidare il lavoro fatto in questi anni, risalire la china non è stato semplice»