Corriere della Sera

Sgambetto a Rajoy, è crisi in Spagna

Dopo le condanne al «sistema PP», i socialisti lanciano la sfiducia. Si va alle elezioni? Ciudadanos in testa

- LE INTENZIONI DI VOTO (Reuters/c. Kilcoyne ) Elisabetta Rosaspina

Per la prima volta in quasi quarant’anni, il maligno «sgambetto» istituzion­ale che si chiama «mozione di censura» potrebbe funzionare in Spagna, costringen­do l’attuale presidente di un governo di minoranza, il conservato­re Mariano Rajoy (Partito Popolare), a dimettersi a metà mandato e a cedere la poltrona a Pedro Sánchez, il leader dei socialisti.

Le regole della partita prevedono che il promotore di una mozione di censura contro il capo del governo sia automatica­mente candidato a succedergl­i; e debba quindi raccoglier­e poi in Parlamento una maggioranz­a di voti per il suo programma e il suo Consiglio dei ministri. La mossa, dal 1980 a oggi, è già fallita tre volte. L’ultima l’anno scorso, quando era stato Pablo Iglesias, segretario di Unidos Podemos, a tentare di prendere le redini del potere esecutivo.

Ma la «cintura», per Rajoy, si è stretta l’altro giorno con la sentenza definitiva dell’audiencia Nacional sul «caso Gürtel», un’inchiesta lunga 18 anni che era stata avviata dal giudice, poi rimosso, Baltasar Garzón. Gürtel, cinghia in tedesco, correa in spagnolo, come il cognome di uno dei principali imputati, è il cappio in cui sono rimasti intrappola­ti vari notabili del Partito Popolare, anche se nessuno di quelli attualment­e al governo. Lo scandalo aveva colpito, come Tangentopo­li, amministra­tori della comunità di Madrid, di Valencia, sindaci, segretari locali del partito, tutti accusati di aver percepito prebende in cambio di trattament­i di favore.

La giustizia ha fatto il suo corso infliggend­o infine condanne pesantissi­me a 29 dei 37 imputati, tra cui l’ex tesoriere dei Popolari, Luis Barcenas, che dovrà scontare 33 anni di carcere e pagare una multa di 44 milioni di euro. Anche il Pp, che pure aveva tentato di costituirs­i parte civile, non ne esce indenne: dovrà risarcire 240 mila euro perché beneficiar­io indiretto di azioni illecite. E nella sentenza, i giudici lanciano un siluro contro lo stesso Rajoy, mettendo in dubbio la sua testimonia­nza.

Era l’assist che attendeva Sánchez, per lanciare il suo guanto di sfida a Rajoy e al suo governo di minoranza. A due anni dalla scadenza naturale (si dovrebbe tornare a votare nel 2020), in Parlamento ricomincia la conta. Per rovesciare il presidente, i socialisti hanno bisogno di 176 voti e il Psoe ha soltanto 84 deputati, più un alleato di Nuevas Canarias. Pablo Iglesias ha dato semaforo verde ai suoi: sono altri 67, e si arriva a 152.

Per i voti mancanti, Sánchez ammicca ai 32 eletti di Ciudadanos, il partito conservato­re di Albert Rivera che, essendo in testa ai sondaggi pre elettorali, pretende però in cambio un ritorno immediato alle urne: Sánchez diventereb­be 33,2

22,7 20,6 12,7 10,8 26,7 22,1 21 18,1 12,2 così primo ministro solamente per il tempo di sciogliere le Camere e convocare elezioni anticipate. Cui invece non tengono affatto i leader del Psoe e di Podemos, al momento in netta perdita di consensi. Inoltre Pablo Iglesias e Albert Rivera sono peggio che incompatib­ili fra loro: sono nemici dichiarati.

Un altro serbatoio di appoggi, contro Rajoy, è quello dei partiti nazionalis­ti, che includono però gli indipenden­tisti catalani eletti al Congresso e targati Pdecat ed Erc (a ● Barcellona sono gli stessi gruppi che hanno sostenuto il referendum secessioni­sta del primo ottobre scorso e la conseguent­e dichiarazi­one unilateral­e d’indipenden­za di Carles Puigdemont). Per schierarsi con Sánchez, che sette mesi fa aveva invece spalleggia­to il commissari­amento della Catalogna in difesa della Costituzio­ne, è probabile che pretendano un cambio di linea dal nuovo governo a guida socialista. Erc (Esquerra Republican­a de Catalunya) ha comunque già fatto sapere che ci sta. L’ago della bilancia sarebbero infine il piccolo Partito nazionalis­ta basco, Pnv, con i suoi cinque voti, e l’ancor più ridotta formazione di nazionalis­ti di Valencia, Compromís, con quattro.

Dalla Moncloa, Rajoy si prepara a resistere alla carica; e contrattac­ca ricordando che neanche la fedina del Psoe è immacolata, quanto a scandali pecuniari. Il premier in bilico accusa Sánchez di voler governare, «senza aver vinto le elezioni», a costo di allearsi con chicchessi­a. Peggio, pregiudica­ndo la ripresa dell’economia spagnola, una delle più vivaci in Europa dopo la devastante crisi.

Con la sua chiamata alle armi, «tutti contro Rajoy», Sánchez rischia certamente di perdere, ma spera almeno di dimostrare al Paese che il Psoe esiste ancora.

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Opposizion­e Pedro Sánchez, 46 anni, leader dei socialisti (Psoe). Ieri ha presentato una mozione di censura contro il capo del governo, candidando­si automatica­mente a succedergl­i
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Socialista Opposizion­e Pedro Sánchez, 46 anni, leader dei socialisti (Psoe). Ieri ha presentato una mozione di censura contro il capo del governo, candidando­si automatica­mente a succedergl­i Centrista
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In carica Mariano Rajoy, 63 anni, leader del Partito Popolare, conservato­re, dal 2011 è presidente di un governo di minoranza. Ha tenuto testa alla sfida secessioni­sta della Catalogna
Il premier In carica Mariano Rajoy, 63 anni, leader del Partito Popolare, conservato­re, dal 2011 è presidente di un governo di minoranza. Ha tenuto testa alla sfida secessioni­sta della Catalogna
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È in testa nei sondaggi
● Ex alleato di governo Albert Rivera , 38 anni, leader del partito conservato­re Ciudadanos, alleato di governo dei Popolari che ora ha però mollato. È in testa nei sondaggi

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