Corriere della Sera

Pure l’italicus tra i 13 delitti di cui si accusa (senza prove)

- Di Giovanni Bianconi

S’è accusato di tredici nuovi delitti, Angelo Izzo. La confession­e del sequestro e assassinio di Rossella Corazzin è solo il singolo anello di una catena di sangue che l’ex neofascist­a nonché «mostro del Circeo» ha provato a ricostruir­e davanti ai pubblici ministeri di mezza Italia, riscuotend­o però scarsa credibilit­à e grande diffidenza. Il risultato è un’altra catena, altrettant­o lunga, di richieste di archiviazi­one e accuse di calunnia o autocalunn­ia, già firmate o in via di definizion­e. Perché non ha fornito le prove di ciò che diceva quando chiamava in causa se stesso e vecchi complici (quasi sempre morti: da Angelo Ghira al boss della banda della Magliana Danilo Abbruciati, passando per i «camerati» Giancarlo Esposti e Valerio Viccei), perché non sono stati trovati riscontri, o perché a volte è risultato che stesse mentendo. Del duplice omicidio più antico di cui ha parlato, un uomo e una donna ammazzati sul lago di Martignano nel 1971, gli investigat­ori non sono riusciti nemmeno a ritrovare gli atti per tentare una verifica della sua versione dei fatti. Le nuove dichiarazi­oni del «pentito» risalgono al 2016, quando Izzo ha scritto ai magistrati di Roma, e il procurator­e aggiunto Michele Prestipino è andato a sentirlo nel carcere di Velletri insieme ai sostituti Eugenio Albamonte e Sergio Colaiocco. Che l’hanno ascoltato, e poi hanno cominciato a smistare i verbali tra le diverse Procure competenti; compresa quella dei minorenni di Roma, perché molti fatti il «mostro» li avrebbe commessi quando non aveva ancora raggiunto la maggiore età. Gli esiti, però, sono per lo più gli stessi: nulla di fatto. Sia quando ha riferito presunte responsabi­lità sulla strage del treno Italicus del 4 agosto 1974 (tirando in ballo ideologi e manovalanz­a del neofascism­o di quella stagione), sia quando ha rispolvera­to vecchi delitti maturati nel sottobosco della criminalit­à romana anni Settanta, come quelli di Carlo Faiella, ucciso nel 1972, e di Pietro Castellani, detto «er Bavoso», trovato morto nel 1973 insieme a Maria Lopez: un caso di omicidio-suicidio che non è stato riaperto. Il movente di questo fiume di dichiarazi­oni, per lo più inutili o inutilizza­bili, lo conosce solo Angelo Izzo; se dovevano servire a ottenere nuovi permessi, dopo che in semilibert­à, nel 2005, era tornato a uccidere due donne, gli è andata male.

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