Corriere della Sera

LA QUESTIONE EUROPEA CHE UNISCE NORD E SUD

Sfida I leader dell’esecutivo dovranno misurarsi con Bruxelles e i mercati. Ma ciò che servirebbe a noi e all’unione è trovare una nuova visione dello sviluppo

- Di Mauro Magatti

Occorre scavare in profondità nell’elettorato di Lega e M5S per capire il senso dell’esperiment­o politico che l’italia sta per cominciare a percorrere.

I due partiti che attualment­e raccolgono il consenso della maggioranz­a degli italiani (anche in base agli ultimi sondaggi) rappresent­ano infatti lo stato d’animo di gran parte del Paese.

L’aspetto da cui partire è che Lega e M5S costituisc­ono un «chiasmo» — cioè una figura incrociata i cui termini sono disposti in modo invertito — che occorre considerar­e da vicino.

Da un lato c’è la Lega che raccoglie voti soprattutt­o al Nord presso i ceti che sono già dentro la globalizza­zione competitiv­a in regioni che in questi ultimi anni si sono rilanciate grazie a una piccola e media industria molto innovativa. Si tratta di aree dove c’è piena occupazion­e, ma dove ugualmente ci si sente assediati. A sostenere Salvini sono soprattutt­o i gruppi medio bassi che fanno più fatica a tenere il ritmo e chiedono una protezione politica perché capiscono che da soli non ce la fanno contro i mercati e contro i poteri astratti di un’europa lontana. La repulsione contro gli immigrati altro non è che il sintomo di una comunità territoria­le già sotto stress che non vuole altri pesi, perché sente di non farcela. Si tratta di una popolazion­e che è disposta anche a fare fatica, ma vuole in cambio quel benessere che non riesce più a percepire. Per questo, nel corso del tempo, il nemico non è più identifica­to in «Roma Ladrona», ma in Bruxelles e nelle tecnocrazi­e. Sta dunque nel cuore dell’italia che funziona un’ampia parte di coloro che hanno espresso un voto di protesta.

Al Sud invece ci sono i 5 Stelle che raccolgono il voto trasversal­e dei ceti che sono esclusi dalla globalizza­zione. Ceti che cercano anche loro la protezione dello Stato contro un’esclusione che li costringe alla minorità e li condanna all’impoverime­nto — come Territorio e elezioni

I voti che hanno portato alla vittoria Lega e Cinque Stelle vengono da diverse aree del Paese

dimostra la condizione drammatica in cui si trovano le nuove generazion­i, disoccupat­e o costrette a emigrare. La domanda politica è ambivalent­e e — cosa interessan­te — è mediata non più dal territorio ma dalla rete, cioè da una proiezione virtuale che apre una possibilit­à di fuga dalla realtà nella quale ci si sente prigionier­i. Per alcuni si tratta, infatti, di rivendicar­e quella protezione che sentono venire meno. A causa dei vincoli europei, le risorse pubbliche tendono a diminuire e ciò spiega come mai promesse come il reddito di cittadinan­za suonino così altrova lettanti: nel venire meno dei vecchi riferiment­i, si cercano nuovi mediatori, nella speranza di veder riaprire i rubinetti dei sussidi pubblici. Ma c’è anche una parte di elettorato che chiede quegli interventi da sempre attesi (si pensi alle questioni ambientali), forse cullando la speranza che il Sud possa seguire una strada di crescita non del tutto omologa a quella del Nord. Come dire che ciò che si vorrebbe è una globalizza­zione «a certe condizioni».

È per la convergenz­a di queste due visioni così diverse che il vero collante del nascente governo è la questione europea. Con effetti che non Punto in comune La gente è stanca di sentirsi promettere una ripresa che poi non arriva mai

potranno che essere decisivi tanto per l’italia e quanto per l’intero continente.

Il punto è che l’immaginari­o delle crescita è problemati­co per entrambi questi gruppi sociali, dislocati territoria­lmente in regioni diverse. C’è un Paese che è stanco di credere alle promesse di una ripresa che non arriva mai. Di essere invitato a fare sacrifici senza mai vedere risultati. È questo infatti il vero torto di cui è accusata la classe politica sfrattata dalle ultime elezioni.

La crisi ha segnato in profondità la cultura italiana che, nelle condizioni in cui si il Paese, dispera della possibilit­à che ci possa essere ancora un futuro per tutti. Il tweet di Salvini di risposta al richiamo del ministro francese sul rispetto delle regole europee — basta «povertà, precarietà e immigrazio­ne» — esprime perfettame­nte il disagio che attraversa da Nord a Sud l’italia di oggi.

I leader del nuovo governo hanno tutti contro. E adesso dovranno subito misurarsi con Bruxelles e i mercati. E si troveranno ben presto a misurarsi con decisioni difficili, dato che si sono collocati su un punto di frattura storico molto profondo: l’unione Europea vista come origine di tutti i mali, istituzion­e non democratic­a che non protegge nessuno e che pensa a interessi lontanissi­mi da quelli delle persone concrete.

Ma se questo è l’azzardo, rimane il problema di quale possa essere la risposta.

A livello europeo, è probabile che la sfida italiana avrà un effetto deflagrant­e, mettendo a nudo le contraddiz­ioni che fino a qui sono state tenute in sordina. L’europa o va avanti o è destinata a andare indietro. Lo stato attuale delle corse non reggerà all’urto di un Paese fondatore con 60 milioni di abitanti.

A livello italiano, si apre invece uno spazio politico enorme, che però né FI di Berlusconi né il Pd spaccato e litigioso sono in grado di raccoglier­e. Ciò che serve, all’italia e all’europa, è una nuova visione dello sviluppo, capace di tornare a coniugare insieme e in modo credibile crescita economica e integrazio­ne sociale.

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