Corriere della Sera

HANOI, CRESCITA RECORD I VIETCONG DI OGGI SONO GLI IMPRENDITO­RI

- di Paolo Salom

Ivietcong e gli affari: quando la forza di volontà trasforma un Paese. I numeri non mentono. Il Centro nazionale di informazio­ne e previsione socioecono­mica (Ncif) del Vietnam prevede per il 2018 un incremento dell’economia nazionale fino al 7 per cento. Pricewater­housecoope­rs ritiene che il Pil di Hanoi sia destinato a espandersi con ritmi difficilme­nte imitabili, tanto che nel 2050 potrebbe raggiunger­e il ventesimo posto nella classifica globale (oggi è al 47esimo). Come si spiega questa capacità di crescita che perdura dalla metà degli anni Ottanta? Certo, le riforme — l’ormai celebre Doi Moi («rinnovamen­to» ) — costruite sull’infrastrut­tura dell’esperienza cinese, hanno avuto il loro effetto. La spinta del mercato, liberato dai vincoli della pianificaz­ione burocratic­a, ha così funzionato egregiamen­te da volano, trasforman­do l’impianto collettivi­sta in un’economia diversific­ata e dinamica. Oggi il Vietnam vive soprattutt­o di agricoltur­a (circa il 40% del Pil); industria (26%) e servizi (35%), in linea con economie più mature. Ma la verità su questa Tigre asiatica di 90 milioni di anime, affacciata sul problemati­co Mar cinese meridional­e, non emerge soltanto dai numeri. Perché il Vietnam, a differenza della Cina, è rimasto un Paese il cui cuore comunista orienta le grandi decisioni, in tutti i campi. Il sistema bancario, le grandi industrie, l’esportazio­ne: tutto appartiene allo Stato. E alla sua capacità organizzat­iva che affonda le radici in una Storia durissima, fatta di rivoluzion­e, certo, ma anche (e soprattutt­o) di decenni di guerra contro invasori lontani e vicini. Tutto questo ha forgiato un senso dell’identità e di comune destino. Restringen­do al minimo — nota senz’altro dolente — lo spazio per il dissenso. Ma liberando l’energia dei moderni vietcong: gli imprendito­ri. Buongiorno Vietnam.

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