Corriere della Sera

«POZZO», UNICO ITALIANO IN UN GIRO BELLISSIMO

- Roberto Andreani Grottaferr­ata (Roma)

Caro Aldo, il mondo fornisce sorprese continuame­nte. Oltre a scoprire un probabile accademici­ssimo primo ministro, io, che sono appassiona­to di ciclismo per averlo anche praticato, ho scoperto un semisconos­ciuto profession­ista inglese che sinora aveva colleziona­to solo piazzament­i nemmeno eccezional­i, che sulle strade e sulle salite del Giro d’italia sembra andare come un novello Pantani, stracciand­o la concorrenz­a più qualificat­a. Mah, sarà l’aria dei tempi nuovi... Caro Roberto,

Lei scriveva l’altro ieri, quando ancora Yates era maglia rosa. Ieri si è beccato più di mezz’ora di ritardo. È stato il giorno dell’impresa di Chris Froome, che con una fuga d’altri tempi ha sconvolto questo Giro bellissimo. Io vorrei però salvare, a dispetto del crollo nel tappone alpino, la figura di Domenico Pozzovivo, come ce l’ha raccontata in questi giorni l’inviata del Corriere, Gaia Piccardi.

Dopo una vita da gregario, «Pozzo» stavolta è stato il migliore degli italiani, a 35 anni. Nel gruppo lo chiamano il Laureato. È passato molto tempo da quando Walter Chiari irrideva i ciclisti: «Ciao mama, sono contento di essere arrivato uno!». Pozzovivo è laureato in Economia aziendale, e ora sta per prendere una seconda laurea in Scienze motorie. Trattasi di laurea telematica, insomma non è andato a Oxford; ma ha un curriculum con cui, di questi tempi, si diventa come minimo presidente del Consiglio. La moglie assicura che ha un solo difetto: è troppo buono. «Mimmuzzo, devi diventare più cattivo» gli dice ogni volta. Gli manca l’istinto da killer, quello che aveva Merckx e ha Froome. Che importa; lo sport italiano è talmente in crisi, che segnali di vita come quelli del «vecchio» Pozzovivo e del giovane Tortu, il borsista Luiss che ha fatto 10.03 sui cento metri, a due centesimi dal record di Mennea, dobbiamo tenerceli stretti. (E comunque, quando il Giro come ieri passa sulla cima Coppi, sentiamo sempre un brivido; come ai tempi di Gimondi, di Fuente, di Zilioli, e per i più grandicell­i di Magni, di Bartali, appunto di Coppi).

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