Corriere della Sera

L’addio al Venezuela di Reymar Perdomo

- di Paolo Lepri @Paolo_lepri

L’unica scelta per i venezuelan­i è fuggire. Negli ultimi quattro anni oltre un milione di persone lo hanno fatto. Reymar Perdomo fa parte di questa disperata moltitudin­e,. Ma è diventata anche un simbolo di riscatto con la semplicità di una canzone, Me Fui («Me ne sono andata»), in cui parla delle sue sofferenze e della necessità di «ricordare quello che si è stati». «Continuare a credere nella nostra patria, e ricostruir­la da qualsiasi angolo del mondo» è il messaggio che manda dalla diaspora.

Ricostruir­e non sarà facile. In uno sciagurato quasi-ventennio (prima con il terzomondi­sta in basco rosso Hugo Chávez poi con il suo successore Nicolás Maduro, appena rieletto con i voti di scambio della povera gente), il regime ha provocato una delle crisi economiche più gravi della storia latino-americana: circa il 90 per cento dei venezuelan­i non riesce a nutrirsi in modo sufficient­e, i prezzi raddoppian­o ogni mese, l’iperinflaz­ione ha praticamen­te cancellato i salari, il sistema sanitario è crollato, la criminalit­à dilaga.

«Nel dicembre 2017, appena arrivata in Perù dopo un lungo viaggio, sono stata derubata. Mi erano rimasti soltanto i pochi soldi che avevo in mano e la chitarra. Ero arrabbiata, ho scritto i miei pensieri su un foglio, ho aggiunto una melodia», ha raccontato Reymar a Americas Quarterly. Poi, un miracolo laico tipico della nostra epoca. «Nel Kennedy Park di Miraflores, dove andavo tutti i giorni a suonare, un ragazzo peruviano mi ha registrato: il video di Me Fui ha avuto il giorno dopo centinaia di migliaia di contatti su You Tube».

Poteri e maledizion­i della Rete. Mentre molti venezuelan­i ascoltano Me Fui con le lacrime agli occhi, altri accusano la sua ormai famosa interprete di essere stata in passato una fiancheggi­atrice del governo. «La più grande sorpresa — osserva — è stata capire quanto l’informazio­ne possa essere manipolata sui social media». Storie che conosciamo benissimo. Intanto Reymar, che ha ventinove anni, vuole «continuare a camminare con la sua bandiera» e spera di poter «giocare a domino in un patio» con i suoi amici, bevendo una birra fredda accompagna­ta dalle arepas, le focaccine tonde fatte con farina di mais bianco. Un sogno semplice, come la sua

canzone.

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