Corriere della Sera

Aru alza bandiera bianca Peggio non si poteva fare

- Di Cristiano Gatti

L’altra faccia della leggenda è quella imbambolat­a di Fabio Aru ( foto), per la prima volta in fuga, verso casa. Fine dello strazio. Radio corsa annuncia rauca che al chilometro 41 il campione italiano abbandona. Proprio qui, sulle montagne piemontesi che ha provato e riprovato per mesi, dal suo quartier generale del Sestriere. Ma questa è solo una coincidenz­a. Il fatto vero e serio è che Aru, oltre ai disastri già acquisiti, rinuncia persino a concludere il Giro: in vita sua ha corso nove grandi corse a tappe, questa è la prima volta che lancia l’asciugaman­o. La prima volta che non si scorda più. Partito come capitano unico, chiamato a dimostrare di esserlo nei fatti oltre che nell’ingaggio (3 milioni), lo sfacelo è totale. Già in ritardissi­mo nella prima minicrono, sempre a picco su tutte le salite, persino penalizzat­o per scie furbine nella crono, chiude con l’umiliazion­e del ritiro. «Mi spiace, non mi resta che resettare», commenta in tono patetico. Ricomincia­re non sarà un ballo in maschera: un Giro così rischia di segnare tutta una carriera. Il tricolore della sua maglia è ammainato, del campione italiano resta poco o niente. Con il crollo di Pozzovivo, non resta nulla neppure dell’italia. Lunga vita a Nibali, che il Cielo lo conservi. È questa la vera lezione del Giro.

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