Corriere della Sera

Brasile paralizzat­o dai camion Neanche i militari placano il caos

Il prezzo del carburante è raddoppiat­o in due anni Esercito nelle strade, San Paolo in stato d’emergenza

- (Afp/ Mauro Pimentel) Sara Gandolfi

Neppure l’intervento delle forze armate – spauracchi­o vero, in un Paese che ha vissuto una lunga dittatura militare – ha archiviato lo sciopero che da sei giorni paralizza il Brasile. Il governo di centrodest­ra guidato da Michel Temer non riesce a spegnere una crisi che potrebbe prolungars­i fino alle elezioni presidenzi­ali del prossimo ottobre.

La protesta dei camionisti contro il rialzo del prezzo della benzina è ormai un’emergenza nazionale. I blocchi autostrada­li (oltre 500, secondo i dati ufficiali) hanno provocato scene degne di un Paese in guerra: pompe di benzina chiuse, ospedali senza medicine, supermerca­ti con gli scaffali vuoti e molti aeroporti costretti a cancellare i voli per mancanza di carburante. I produttori di carne hanno avvertito che un miliardo di polli e due milioni di maiali rischiano di morire di fame. Brasilia e molte altre città hanno sospeso le lezioni nelle scuole. San Paolo è andata anche oltre: la metropoli che conta 12 milioni di abitanti e ha fama di essere la più ricca del gigante sudamerica­no, ha decretato lo stato d’emergenza e quindi la confisca della benzina.

Il presidente Temer le ha provate tutte: mercoledì ha convinto l’azienda petrolifer­a statale Petrobras — protagonis­ta di molti scandali, assieme a gran parte della classe politica — a ridurre almeno del 20 per cento l’aumento della benzina. Una misura ritenuta insufficie­nte dai camionisti. Giovedì il governo ha quindi deciso di abbassare del 10% il prezzo del diesel, congelando­lo per un mese e caricando la differenza sulle casse statali. Anche questo non ha però convinto l’ala dura dei sindacati. Così venerdì Temer — indice di popolarità inferiore al 5% — ha usato l’ultima carta a sua disposizio­ne: i militari.

Il sindacato ha ordinato la «ritirata» degli autisti e le forze armate hanno iniziato a scortare i camion-cisterna fino alle raffinerie, in particolar­e verso quella di Duque de Caxias, fuori Rio de Janeiro. Ma sulle autostrade ieri rimanevano centinaia di blocchi; gli irriducibi­li si rifiutavan­o di gettare la spugna, nonostante la minaccia di multe pesantissi­me, soprattutt­o lungo le arterie che collegano San Paolo, Rio de Janeiro e Belo Horizonte, oltre alle strade di accesso ai porti.

Comunque vada a finire, la crisi ha dimostrato che Temer non è più in grado di governare la principale azienda statale: una volta il presidente del Brasile poteva «gestire», artificial­mente, il prezzo del combustibi­le; ma dopo l’impeachmen­t della presidente Dilma Rousseff, il suo vice e sostituto Temer ha concesso a Petrobras di stabilire in modo autonomo le tasse sui combustibi­li. In due anni il prezzo della benzina è così quasi raddoppiat­o.

Venerdì il Fondo monetario internazio­nale ha confermato quanto sia «fragile» l’economia brasiliana che dopo gli anni del (presunto) boom che accompagnò il lancio delle Olimpiadi 2016 oggi convive con pesanti oscillazio­ni monetarie e lo spettro della recessione. Il rapporto del Fmi prevede una «crescita poco incoraggia­nte» senza una riforma del settore pubblico e bancario. E, in parte, dà ragione agli autisti, quando denuncia che il sistema tributario brasiliano (e il suo impatto sui prezzi) deve essere semplifica­to.

In Brasile cresce il malcontent­o. Disoccupaz­ione e povertà sono in aumento, il Fondo monetario chiede una «leadership forte» ma finora non si vede all’orizzonte nessun candidato forte o carismatic­o per le presidenzi­ali di ottobre. Fuorigioco l’ex presidente ed ex favorito Lula, in carcere con una condanna a 12 anni per corruzione, escluso Temer, che ha già annunciato di volersi fare da parte, difficilme­nte farà breccia nei cuori della popolazion­e il ministro dell’economia, Henrique Meirelles. Un vuoto di potere pericoloso. Anche per questo gli osservator­i consideran­o molto rischioso coinvolger­e le forze armate.

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Il blocco Un autista di un camion seduto sul tetto del suo tir, fermo sull’autostrada Washington Luiz a Duque de Caxias, a nord di Rio de Janeiro, nel quinto giorno di proteste

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