Willy, il ragazzo morto 30 anni fa Si riapre l’indagine sul delitto
Goro, un prete è super-testimone. Il giudice: accertamenti fino in Vaticano
chiamato «Willy», venne ucciso, a 18 anni, il 30 settembre 1988 Il cadavere fu trovato sull’argine del Po, a Goro
● Il ragazzo fu picchiato con brutalità e poi centrato al volto con un colpo esploso da una pistola da macello
«Pregherò per Willy, per l’anima di quel povero ragazzo. Ma sono passati tanti anni e di quella storia non ricordo più nulla». Clic. La conversazione telefonica finisce qui. Don Tiziano Bruscagin, che oggi ha 77 anni ed è parroco a Villa de’ Bosco, frazione di Correzzola nel Padovano, non racconta nient’altro su quella vicenda che lo vide indagato e poi archiviato. Adesso però, su ordine del gip di Ferrara Carlo Negri, si torna a investigare proprio su «quella storia»: l’uccisione del diciottenne Willy Branchi, trovato morto il 30 settembre 1988 lungo l’argine del Po di Goro. Era nudo, lo avevano picchiato senza pietà e per finirlo gli spararono alla testa con una pistola da macello.
Nella richiesta di nuove indagini, il gip — accogliendo l’opposizione dei familiari di Willy all’archiviazione di un secondo procedimento in corso dal 2014 — si riferisce a don Bruscagin che, in vista dei nuovi atti, potrebbe far valere le guarentigie previste dagli accordi con la Santa Sede in tema di segreto confessionale e di «informazioni su persone» raccolte in ragione del sacerdozio. Ma in questo caso la richiesta è di «avvertire le autorità ecclesiastiche» qualora ci fossero «eventuali violazioni del codice di diritto canonico».
L’indagine iniziale sul delitto — che verteva attorno all’ipotesi, tuttora in piedi, di un giro assai esteso di pedofilia — non approdò a nulla. Se quattro anni fa venne riaperta fu per le insistenze di un giornalista, Nicola Bianchi del Resto del Carlino, che intervistò, registrandolo a sua insaputa, Bruscagin, per un trentennio abbondante «don» di Goro e che del borgo del Polesine,circa 3 mila abitanti, sapeva ogni storia. Il reverendo (che poi ritrattò, parlando di voci raccolte in giro) dettagliò con precisione i nomi del presunto assassino e di chi lo avrebbe coperto.
Il file audio del colloquio fu consegnato al pm Giuseppe Tittaferrante che aprì un’indagine — condotta con «encomiabili sforzi», scrive il gip — finita con una richiesta di archiviazione nel 2017. Ma è proprio la motivazione di questo provvedimento ad aprire ulteriori scenari, descrivendo un’inchiesta avanzata con «difficoltà», «accentuate dalla reticenza, da un atteggiamento menzognero di alcuni soggetti chiamati a rendere dichiarazioni».
Nelle 8 pagine del pm compare Dolore
Luca Branchi davanti alla tomba del fratello Willy. I familiari del diciottenne hanno ottenuto una nuova inchiesta il parroco che zittisce un testimone invitandolo a non parlare per telefono. C’è chi dà consigli ai testi prima degli interrogatori, monologhi in auto come quello di un uomo che ripete la versione da raccontare: «…non mi ricordo, è stata una conversazione che ho avuto con il parroco subito dopo il funerale…».
Il gip ha accolto l’opposizione dei familiari di Willy — la mamma Bice e il fratello Luca che, assistiti dall’avvocato Simone Bianchi, non hanno mai smesso di cercare la verità — chiedendo di «iscrivere nel registro degli indagati» chi ha dato false informazioni alla Procura o si è mostrato reticente.
Non solo. Nelle nuove carte fornite dalla difesa compare il nome di un supertestimone il cui nome è contenuto in un’informativa, già agli atti, dei carabinieri di Ferrara, risalente al 1996. Un informatore rivelò che Willy, gravato da un deficit cognitivo, era coinvolto «in convegni carnali». Il ragazzo voleva ribellarsi, confidarsi. La fonte parlò di «molte persone a conoscenza della verità», ma che «tacciono per paura e omertà». Poi diede anche i nomi, otto (tra cui una donna), di coloro che «avevano assistito all’omicidio o sapevano».
Il giallo
Il corpo del 18enne fu trovato sulla riva del Po Gli spararono al volto con una pistola