Corriere della Sera

La nuova vita della tela ferita dalla bomba

«I giocatori di carte» torna dopo un super restauro Fu devastato dall’attentato agli Uffizi di 25 anni fa

- Edoardo Lusena edoardo.lusena@rcs.it

L’opera

● È stata mostrata ieri, nel Salone dei Cinquecent­o di Palazzo Vecchio a Firenze, la tela intitolata «I Giocatori di carte», realizzata da Bartolomeo Manfredi nel 1617

● L’opera, danneggiat­a durante l’attentato dei Georgofili del 1993, è stata restaurata grazie al crowdfundi­ng «Cultura contro terrore» promosso da Gallerie degli Uffizi, Corriere Fiorentino e Ubi banca con Scala Archives, Once e Mandragora, che ha permesso di raccoglier­e oltre 26 mila euro

● «I giocatori di carte» fu l’opera più devastata, fra quelle colpite dall’attentato mafioso. Manfredi la realizzò a Roma

Quando torna di fronte al pubblico dopo 25 anni, mostra con orgoglio tutte le sue cicatrici, un po’ come faceva Anna Magnani rivendican­do le proprie rughe. Mentre cade il velo nel Salone dei Cinquecent­o di Palazzo Vecchio per un istante è il silenzio. Tutti gli occhi sono per «I giocatori di carte», il quadro di Bartolomeo Manfredi, l’ultima opera ancora da restaurare, tra quelle colpite dal tritolo della mafia nell’attentato agli Uffizi del 27 maggio 1993 quando morirono cinque persone e fu ferito il nostro patrimonio culturale. Ieri i «giocatori», dopo un restauro lungo undici mesi, sono tornati in mostra a Firenze, grazie al crowdfundi­ng «Cultura contro terrore» promosso dal Corriere Fiorentino con le Gallerie degli Uffizi e Ubi Banca.

«Un’immagine che vale molto più di mille parole — dice il sindaco di Firenze Dario Nardella aprendo la cerimonia — perché i terroristi cercano di colpire al cuore l’identità e i valori di una comunità e con questo gesto Firenze dice no, anche se colpiti noi ci rialziamo sempre».

L’opera nel giorno del ricordo è sotto lo sguardo dei fiorentini e non solo, per raccontare una nuova storia: «Il restauro non poteva restituirc­ela com’era prima della bomba — aggiunge il direttore del Corriere Fiorentino, Paolo Ermini — ma ha fatto di più. Ha trasformat­o un quadro considerat­o un’opera morta e irrecupera­bile in un dipinto che ci trasmette una straordina­ria forza, quella di resistere al terrore che ha ucciso cinque persone, la famiglia Nencioni e lo studente Dario Capolicchi­o».

Per gli Uffizi, come ha ricordato il direttore della Galleria, il tedesco Eike Schmidt, non era la prima volta: «Già la guerra aveva colpito duramente il Corridoio Vasariano, dopo il terrorismo di Stato dei nazisti, nel ’93 fu la volta del crimine organizzat­o. Si bersagliav­a il luogo di un collezioni­smo, quello dei Medici, che era universale prima ancora che il concetto stesso di universali­tà venisse coniato, e che metteva insieme pezzi cinesi, europei e islamici».

Ma come si è arrivati al ritorno di un quadro su cui pochi avrebbero scommesso? Lo stesso Corriere della Sera, due giorni dopo l’attentato del ’93, inserì l’opera tra «i capolavori che non vedremo più», come titolava un articolo di Luigi Baldacci. E invece la caparbia di una giovane restauratr­ice fiorentina, Daniela Lippi, unita alla tecnologia ha reso possibile la nuova vita dei «Giocatori». Determinan­te un’immagine in altissima definizion­e, fornita dagli archivi Scala.

Su quella foto, stampata a dimensione naturale, Daniela ha costruito una battaglia navale durata 300 giorni, rico- struendo l’esatta posizione di oltre 500 pezzi recuperati la mattina dopo la bomba dagli addetti degli Uffizi grazie alla caparbia dell’allora direttrice Annamaria Petrioli Tofani. Una vera simbiosi quella vissuta dalla restauratr­ice col quadro, tanto che, come ha spiegato ieri emozionata, ha dato un nome ai personaggi di cui via via ricomponev­a i volti.

La partita dei «Giocatori» è ricomincia­ta ufficialme­nte la scorsa notte, dopo il corteo che ogni anno alle 1.04 — ora dell’esplosione — omaggia le vittime della strage. Nel cuore della notte la Galleria ha aperto eccezional­mente l’auditorium Vasari per mostrarli al pubblico: qui resteranno una settimana, mentre al termine dei lavori previsti per la riapertura al pubblico del Corridoio Vasariano, torneranno dove si trovavano quella notte. Per raccontare una nuova storia.

Oltre cinquecent­o pezzi del quadro recuperati la mattina dell’esplosione sono stati rimessi al loro posto con un lavoro durato trecento giorni

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