«Iniziai con sette altoparlanti Fellini, l’amico più dolce a cui raccontavo i miei sogni»
Il giornalista: l’intervista a Craxi? Lo costrinsi a rifarla
Sergio Zavoli ha scritto la storia del giornalismo televisivo di qualità in Italia. Il segreto? Sente e pensa come un poeta. Forse perché è cresciuto nel realismo magico di Rimini, come il suo amico Fellini?
«Mi risveglia una tenera lontananza. Sono un riminese onorario nato a Ravenna. Dopo una sosta a San Marino, mio padre divenne cassiere al Monte di Pietà: si metteva tra le dita l’esile carta-moneta lasciandola scorrere sotto gli occhi fiduciosi delle persone che vivevano del poco. Il nostro costume di vita si fuse ben presto nell’incomparabile fenomeno di una città che restringeva l’annata a 4 mesi, un tempo chiamato “stagione”. C’era un treno che arrivava ogni sabato da Amburgo, con la scritta su tutte le carrozze: RIMINI-AMMORE, uno slogan infallibile, più di una promessa...».
E l’infanzia nella Romagna del Duce?
«Gli insegnanti venivano a scuola in divisa. Quando uno di loro esordiva: “A chi il Duce?”, rispondevamo: “A noi!”. Fuori cantavamo inni fascisticamente luminosi (“Dio ti manda all’italia come manda la luce, Duce, Duce, Duce!”), con le lusinghe dei balconi gremiti di fanciulle. Il comandante diceva: “Voglio che nel mio plotone sia traslata la disciplina prussiana alla quint’essenza!”. Poi si voltava per vedere se qualcuno rideva. “Chi sghignazza là in mezzo?”. “Io”, rispose Ovo, che prendeva il soprannome dalla sua grassezza. “Bravo, mi piace la tua lealtà. Come ti chiami, giovane camerata?” “Mi chiamano Ovo”. “E ti sta bene! Mangia, mangia, che ti aggiusta il Duce”».
Era un bambino «felliniano»?
«Un giorno mi svegliai inquieto: avevo sognato a colori. Fui portato a Forlì da uno specialista. “È solo un po’ d’immaginazione!”. In treno, volli sapere cosa significasse. Mio padre prese tempo per cercare un’idea: “L’immaginazione è vedere quello che altri non vedono...”. Poi aggiunse: “Ma se non hai fatto nulla di male, può anche essere una buona cosa. Però bisogna stare in guardia, la vita non è tutto bianco o tutto nero”. Quando ci misero i pantaloni alla zuava, una notte di Capodanno decidemmo di vedere il misterioso treno delle “Indie”.