Il commissario: Torino-lione? Se salta, imbuti sugli altri valichi
L’ipotesi che il nuovo governo, in embrione, possa archiviare l’eurotunnel ferroviario verso la Francia (la cui apertura è prevista nel 2030) significa «giocare a tennis senza un braccio», «eliminare il principale collegamento su rotaia verso la Francia», «sovraccaricare di tir gli altri valichi transalpini già congestionati di Ventimiglia e del Monte Bianco», oltre che «far tracimare lungo la cintura di Torino fino in val di Susa almeno 2,8 milioni di camion all’anno». L’architetto Paolo Foietta (foto) non ama gli allarmismi, però conosce la materia meglio di chiunque altro. E’ il commissario straordinario del governo per la tratta ad alta velocità Torino-lione da quasi 3 anni. Un’infrastruttura strategica, all’interno del corridoio 5, lungo una linea immaginaria da Lisbona a Mosca. Finanziata per metà dall’ue, per il 25% dall’italia e per il 25% dalla Francia. Un’opera già coperta, per la parte italiana, quasi per intero grazie all’ultima delibera del Cipe di agosto. Rinunciarvi ora, come vorrebbe Luigi Di Maio, per il quale «la Torino-lione è un’opera concepita trent’anni fa», che non ha più senso di essere realizzata, trova Foietta preoccupato. Perché «oggi non esiste in tutto l’arco alpino un’infrastruttura ferroviaria adeguata al trasporto merci». La linea storica del Frejus, che dovrebbe essere sostituita dalla Torino-lione, è «obsoleta». Rinunciarvi ora, spiega, «significa dover rimborsare per almeno due miliardi di euro l’ue e la Francia» che l’hanno co-finanziata. Al netto delle possibili penali. E se tutto dovesse fermarsi «c’è il rischio di centinaia di contenziosi con le aziende in appalto e subappalto che hanno già partecipato ad alcuni bandi di gara».