Smartphone, icloud e computer Condannati alla rintracciabilità
Le connessioni implicano una produzione continua (anche degli affetti)
Era il 1930 quando Ernst Jünger parlava per la prima volta di «mobilitazione totale»: la Grande Guerra aveva scardinato i principi dei conflitti precedenti, conflitti «di gabinetto», confinati alle élite militari e aveva coinvolto le masse, donne comprese. Un’energia bellica che, secondo il filosofo tedesco, aveva cambiato radicalmente la società e si era spostata dai campi di battaglia alla vita in tempo di pace. La produzione (oggi diremmo la «crescita», concetto molto discusso), la tecnologia: ogni aspetto della modernità finiva per coinvolgere tutti, e tutti si sentivano mobilitati, dai ricchi ai poveri, dalle donne agli uomini. Ecco, secondo Maurizio Ferraris, ordinario di filosofia teoretica all’università di Torino (e tra i protagonisti del Festival dell’economia 2018), oggi tutti rispondiamo ad una nuova forma di mobilitazione totale: quella dei telefonini.
Il bzz bzz delle email, il plin plin di Whatsapp, il blong blong degli sms. Questa sinfonia simil-futurista è, secondo le sue ricerche, una reale chiamata alle armi a cui nessuno si sottrae e non serve andare troppo lontano per capirlo: quante volte l’arrivo di una email ci ha svegliato in piena notte e ci siamo messi lì a rispondere come se niente fosse? E quante volte siamo stati così maleducati da controllare lo smartphone al ristorante? — magari durante una cena con una persona alla quale teniamo. Non ce ne accorgiamo, ma questa condanna alla reperibilità continua non è tanto — come una certa semplificazione divulgativa afferma — un’«ossessione», ma è molto di più.
«È la fine — dice Ferraris — della differenza fra tempo del lavoro e tempo della vita. Gli impiegati statali di una volta erano accusati di fare la spesa durante le ore di ufficio; oggi possono farlo in piena legalità,
Conseguenze Ferraris e Bodei riflettono su come la vita digitale finisce per cambiare la vita reale
ordinando sul web e facendosi portare gli acquisti a casa. Il problema è però che una volta arrivati a casa possono venir raggiunti da una (una quando va bene) email di lavoro». Il professore, (che ha affrontato il tema nel saggio Mobilitazione totale, edito da Laterza) tocca un tema chiave nella discussione che impernia la tredicesima edizione del festival trentino: ossessionati dai Big data, dalla difesa della privacy e dalla trasparenza da parte dei grandi gruppi come Google o Facebook, forse ci dimentichiamo di farci una semplice domanda. Che è: «ma davvero la tecnologia ci ha reso più liberi?».
Era la grande aspettativa che accendeva i primi del Novecento, almeno fino alla Grande Guerra. L’idea romantica di una nuova mitologia che avrebbe sciolto le catene di tutti noi potenziali Prometeo è ancora viva? O ci ha trasformato in moderni schiavi che non riescono più a leggere un capitolo di un libro senza interrompersi almeno dieci volte per controllare Facebook o Twitter? Remo Bodei (altro protagonista del Festival) lo ripete da anni: «La tecnologia, che doveva essere liberatoria, ha cambiato volto, perché i confini uomo-macchina si sono fatti molto più labili. E oggi ci troviamo di fronte ad una tecnica che trasforma l’uomo in un’appendice della produzione».
Siamo diventati noi stessi il prodotto e non ce ne siamo accorti. Sedotti dalla gratuità. «Ma nulla è gratis — dice il filosofo — e noi sappiamo benissimo che se visitiamo i siti o usiamo i social, stiamo regalando le informazioni su di noi. Eppure». Eppure non ci sappiamo sottrarre a questo richiamo seduttivo della mobilitazione totale, perché la abitiamo come se fosse una nuova realtà fatta su misura, dove troviamo quello che vogliamo trovare e crediamo a quello a cui vogliamo credere.
Un mondo parallelo che ci illude di essere reale, anche negli affetti: quante persone esistono per noi solo in quanto compaiono come faccine nei contatti di Whatsapp? E chi resiste a non rispondere quando compare la doppia spunta blu? Condannati non solo a una continua rintracciabilità ma anche a una iperproduzione sentimentale.