Corriere della Sera

Smartphone, icloud e computer Condannati alla rintraccia­bilità

Le connession­i implicano una produzione continua (anche degli affetti)

- di Roberta Scorranese rscorranes­e@corriere.it

Era il 1930 quando Ernst Jünger parlava per la prima volta di «mobilitazi­one totale»: la Grande Guerra aveva scardinato i principi dei conflitti precedenti, conflitti «di gabinetto», confinati alle élite militari e aveva coinvolto le masse, donne comprese. Un’energia bellica che, secondo il filosofo tedesco, aveva cambiato radicalmen­te la società e si era spostata dai campi di battaglia alla vita in tempo di pace. La produzione (oggi diremmo la «crescita», concetto molto discusso), la tecnologia: ogni aspetto della modernità finiva per coinvolger­e tutti, e tutti si sentivano mobilitati, dai ricchi ai poveri, dalle donne agli uomini. Ecco, secondo Maurizio Ferraris, ordinario di filosofia teoretica all’università di Torino (e tra i protagonis­ti del Festival dell’economia 2018), oggi tutti rispondiam­o ad una nuova forma di mobilitazi­one totale: quella dei telefonini.

Il bzz bzz delle email, il plin plin di Whatsapp, il blong blong degli sms. Questa sinfonia simil-futurista è, secondo le sue ricerche, una reale chiamata alle armi a cui nessuno si sottrae e non serve andare troppo lontano per capirlo: quante volte l’arrivo di una email ci ha svegliato in piena notte e ci siamo messi lì a rispondere come se niente fosse? E quante volte siamo stati così maleducati da controllar­e lo smartphone al ristorante? — magari durante una cena con una persona alla quale teniamo. Non ce ne accorgiamo, ma questa condanna alla reperibili­tà continua non è tanto — come una certa semplifica­zione divulgativ­a afferma — un’«ossessione», ma è molto di più.

«È la fine — dice Ferraris — della differenza fra tempo del lavoro e tempo della vita. Gli impiegati statali di una volta erano accusati di fare la spesa durante le ore di ufficio; oggi possono farlo in piena legalità,

Conseguenz­e Ferraris e Bodei riflettono su come la vita digitale finisce per cambiare la vita reale

ordinando sul web e facendosi portare gli acquisti a casa. Il problema è però che una volta arrivati a casa possono venir raggiunti da una (una quando va bene) email di lavoro». Il professore, (che ha affrontato il tema nel saggio Mobilitazi­one totale, edito da Laterza) tocca un tema chiave nella discussion­e che impernia la tredicesim­a edizione del festival trentino: ossessiona­ti dai Big data, dalla difesa della privacy e dalla trasparenz­a da parte dei grandi gruppi come Google o Facebook, forse ci dimentichi­amo di farci una semplice domanda. Che è: «ma davvero la tecnologia ci ha reso più liberi?».

Era la grande aspettativ­a che accendeva i primi del Novecento, almeno fino alla Grande Guerra. L’idea romantica di una nuova mitologia che avrebbe sciolto le catene di tutti noi potenziali Prometeo è ancora viva? O ci ha trasformat­o in moderni schiavi che non riescono più a leggere un capitolo di un libro senza interrompe­rsi almeno dieci volte per controllar­e Facebook o Twitter? Remo Bodei (altro protagonis­ta del Festival) lo ripete da anni: «La tecnologia, che doveva essere liberatori­a, ha cambiato volto, perché i confini uomo-macchina si sono fatti molto più labili. E oggi ci troviamo di fronte ad una tecnica che trasforma l’uomo in un’appendice della produzione».

Siamo diventati noi stessi il prodotto e non ce ne siamo accorti. Sedotti dalla gratuità. «Ma nulla è gratis — dice il filosofo — e noi sappiamo benissimo che se visitiamo i siti o usiamo i social, stiamo regalando le informazio­ni su di noi. Eppure». Eppure non ci sappiamo sottrarre a questo richiamo seduttivo della mobilitazi­one totale, perché la abitiamo come se fosse una nuova realtà fatta su misura, dove troviamo quello che vogliamo trovare e crediamo a quello a cui vogliamo credere.

Un mondo parallelo che ci illude di essere reale, anche negli affetti: quante persone esistono per noi solo in quanto compaiono come faccine nei contatti di Whatsapp? E chi resiste a non rispondere quando compare la doppia spunta blu? Condannati non solo a una continua rintraccia­bilità ma anche a una iperproduz­ione sentimenta­le.

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Mostra Opera di Lorenza Demata (un dettaglio), in mostra a Fotografia Europea fino al 17 giugno

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