Corriere della Sera

Amburgo applaude la Scala, successo di Chailly con Verdi

- Di Enrico Girardi

Aforma di vela secondo alcuni, di onda marina o di cristallo secondo altri, l’elphi, come la chiamano i frequentat­ori, ovvero la Elbphilhar­monie (Filarmonic­a dell’elba), è la struttura musicale più voga in Europa da quando è stata inaugurata nel gennaio 2017. È un auditorium con tre sale (la grande, la media e la piccina) collocate in cima a una superba struttura di 108 metri d’altezza, la più alta abitabile della città di Amburgo, vicina al porto, che contiene anche un albergo, appartamen­ti e negozi. In breve tempo è diventata un cuore pulsante della vita musicale europea. Ogni sera c’è un concerto e a dispetto dell’ampia capienza della sala maggiore (2.100), c’è immancabil­mente il tutto esaurito. E la replica l’indomani, quando la richiesta supera l’offerta. È questa la ragione della doppia presenza della Scala in questi ultimi giorni. Circa 220 musicisti tra orchestra, coro e solisti, guidati dal direttore Riccardo Chailly, che sono stati accolti da un calore raro a riscontrar­si così palpabile, per l’esecuzione della Messa da Requiem di Verdi. È il biglietto da visita della Scala nel mondo. Niente a che vedere con la solita carrellata di Ouverture e Sinfonie d’opera. Sono 100 minuti di una musica la più complessa, visionaria, profonda che Verdi abbia mai avuto il coraggio di scrivere: il frutto di un pensiero che nemmeno anni e anni di studio portano mai a decifrare del tutto. Più che gli scrosciant­i applausi (oltre 10 minuti tutte e due le sere), è il religioso silenzio pieno di tensione che si percepiva in sala che deve rendere Chailly, il maestro del coro Bruno Casoni (ovazione speciale per il coro) e le maestranze scaligere fieri d’aver suscitato tanto entusiasmo e ammirazion­e esportando questa musica, che come poche altre rappresent­a il cuore dell’identità musicale italiana. L’esecuzione è stata rigorosa, severa nella sua intensità, poiché priva di indugi anche in quei rari casi in cui il Requiem sfiora la corda del lirico, come nell’offertorio. Un’esecuzione consapevol­e dell’alto grado di religiosit­à che Verdi qui rivela, con il pudore del laico ma al contempo con la definitivi­tà dei grandi uomini. Buono il contributo del quartetto dei soli, formato da Ekaterina Gubanova. dall’affidabile Tamara Wilson, da René Barbera e dal veterano Ferruccio Furlanetto, che fatica negli acuti ma resta un modello di vigore drammatico. Trionfo per Chailly.

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Trionfo L’ovazione per Chailly (secondo da sinistra)

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