Verstappen si è smarrito nella vita del Principato
Il bimbo prodigio si è smarrito di nuovo, una costante di stagione. Da primo a ultimo. In testa nelle libere, partirà in fondo alla griglia. Max Verstappen: intrappolato in un cono d’ombra insistente. È bastata una variazione di traiettoria tra le «esse» delle Piscine. Ha scartato per superare Sainz, ha perso l’unica linea possibile. Sbam. Ruota anteriore destra contro il guard rail, sospensione fratturata, urto contro le barriere. Qualifiche saltate. Il fatto è che la Red Bull qui è una bestia aggrappata all’asfalto, come da pole firmata Ricciardo. Il che ha reso più grave e allarmante l’errore. Jackie Stewart — tre titoli mondali e un occhio formidabile per valutare i piloti — scuote la testa sconsolato: «Verstappen è il più grande talento di questa epoca. Ma una volta raggiunto il vertice, serve portare il controllo mentale ad un livello di pari eccellenza. È questione di testa. A Max servirebbe un tutor come Niki Lauda, lucido e diretto». Si, ma Niki non ci sta affatto: «Deve aiutarsi da solo e piantarla di fare cose stupide». Anche perché un tutor esiste già, si chiama Helmut Marko, è l’uomo che ha scaraventato Verstappen in F.1, nel 2015. Età di Max: 17 anni e 166 giorni. Il più giovane debuttante della storia. Ieri, pure Marko è sembrato impotente accogliendo il suo pupillo nel box, protagonista di una regressione in luogo di una crescita. Qui, stessa curva e dinamica, Verstappen commise identico strafalcione due anni fa. Da allora, questo ragazzo cresciuto a pane e kart, educato con una durezza al limite della violenza da papà Jos, ha meravigliato e diviso l’intera platea; ha firmato un contratto sino al 2020 per 20 milioni l’anno. Abita per conto proprio, qui a Montecarlo; pare che cominci a divertirsi, la sera in un locale notturno di Mentone. «Finalmente comincia a vivere» sussurra chi gli è vicino. Come dire: libero, dopo troppa disciplina imposta e subita. Libero di divertirsi, certo. Di trasgredire, forse. Di sbagliare mica tanto, non più.