Molti ospiti (e troppi ostacoli) per un dialogo
Sulla carta il piano francese sembra elementare: facilitare il dialogo Tripolitani a cirenaica per risolvere l’anarchia in Libia 7 anni dopo la fine di Gheddafi. Come? Con elezioni entro il 2018, grazie all’intesa tra Fayez al Sarraj e Khalifa Haftar; un esercito unico che smantelli le milizie; una banca centrale che regoli l’economia nazionale e gestisca equamente le entrate petrolifere. A ben vedere, non è molto diverso dal summit parigino voluto da Emmanuel Macron nel luglio 2017 tra Sarraj e Haftar. A Roma scatenò non pochi risentimenti per il modo non condiviso in cui venne organizzato. Ma intanto la situazione è peggiorata. Haftar malato è debole contro le milizie islamiche in Cirenaica; Sarraj resta passivo; Isis in crescita anche a Tripoli; il traffico dei migranti in ripresa; le milizie di Misurata premono su Sarraj per bloccare intese con Haftar. Macron allarga il summit con il massimo numero di partecipanti, vuole un ruolo per l’inviato dell’onu, Ghassam Salame. Ma il buco nell’acqua di un anno fa rischia di ripetersi.