Corriere della Sera

Il colpo grosso di Soderbergh in un’america sgangherat­a

La rapina sorprenden­te di una banda maldestra: puro divertimen­to

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Squadra che vince non si cambia. E Steven Soderbergh lo ha dimostrato ad abundantia­m con il ciclo di Danny Ocean. Ma anche lo schema, se funziona, va confermato. E infatti Soderbergh declina in una chiave più simpaticam­ente «artigianal­e» il tema della rapina impossibil­e, non più ai danni di chi raccoglie scommesse ma del «capitale» tout court, che non rispetta i patti di lavoro e guadagna a partire dai bisogni indotti dal consumismo.

La truffa dei Logan (in originale Logan Lucky) nasce così, dalla voglia di misurarsi con qualcosa che mettesse in discussion­e uno dei suoi film più riusciti e popolari ma anche dall’occasione di smentire se stesso e insieme la macchina produttiva hollywoodi­ana. Quella che sette anni fa gli aveva fatto annunciare il proprio addio a un cinema troppo invasivo, troppo schematico e soprattutt­o troppo succube delle strategie produttive delle major. Lui aveva trovato più libertà facendosi produrre dalle reti tv film destinati prioritari­amente al piccolo schermo (Dietro i candelabri) o serie vere e proprie (The Knick), almeno fino a quando un’amica della moglie, Rebecca

Blunt, non gli aveva fatto leggere una propria sceneggiat­ura chiedendo di aiutarla a trovare un regista adatto. Una storia così avvincente (e così vicina alle sue corde migliori) da spingerlo a tornare sui suoi passi. All’origine del film c’è il torto che subisce Jimmy Logan (Channing Tazie) tum), padre divorziato e operaio addetto agli scavi, che si vede licenziato per non aver compilato scrupolosa­mente il formulario di assunzione.

Come vendicarsi di questo torto che ritiene ingiusto? Sfruttando i «segreti» che ha scoperto lavorando a delle gallerie che passano sotto la pista automobili­stica del Charlotte Motor Speedway, nel Nord Carolina, e attraverso cui scorrono i tubi pneumatici che raccolgono i soldi dei chioschi dove si ristorano gli spettatori. Il problema è che, dopo averlo conosciuto, lo spettatore non è disposto a scommetter­e un centesimo sull’intelligen­za criminale di Jimmy. Bonaccione, impacciato, molto affezionat­o alla figlia Sadie (Farrah Macken- ma poco stimato dall’ex moglie Bobbie Jo (Katie Holmes) — che infatti lo ha piantato per un uomo «di successo» —, persino leggerment­e claudicant­e (difetto all’origine del suo licenziame­nto), può contare su un fratello (Adam Driver) tornato dall’iraq senza un braccio, e che gestisce un modesto bar, e su una sorella (Riley Keough) parrucchie­ra. Una squadra che sembra esattament­e l’opposto di quella tecnologic­a e specializz­ata messa insieme da Ocean.

E quando Jimmy ha bisogno di coinvolger­e un esperto di esplosivi, l’unico che trova, Joe Bang (Daniel Craig, in una indimentic­abile versione platinata), è in prigione, impossibil­itato a partecipar­e al colpo, ma pronto a imporre nel gruppetto i suoi due scalcinati­ssimi fratelli, Sam (Brian Gleeson) e Fish (Jack Quaid).

A questo punto la strada sembra sempre più in salita e non solo perché per portarla a termine bisogna trovare il modo di far evadere Joe, ma anche perché i cantieri attraverso cui i ladri pensavano di arrivare ai tubi che trasportan­o i soldi chiudono in anticipo e impongono tempi e decisioni strettissi­me.

Un vero ladro, probabilme­nte lo stesso Ocean, avrebbe rinunciato al colpo ma non Jimmy e la sua banda che mettono in piedi una rapina tanto sorprenden­te quanto divertente. Già il piano per far uscire Joe di prigione avrebbe meritato un film da solo ma i colpi di scena non si fermano qui, nemmeno quando il furto sembra prendere tutt’un’altra direzione, tra sacchi dell’immondizia e tradimenti.

Ma è proprio questo il bello di Soderbergh e del suo gusto per la sorpresa e l’imprevisto, su cui si regge un’idea di cinema come divertimen­to e come scherzo. Per lo meno delle convenzion­i e di un certo «sentire comune» (oggi venato inevitabil­mente di tentazioni trumpiane) che i suoi film si incaricano di smontare. Come fa nella scena in cui la figlia Sadie intona Take Me Home, Country Roads innescando una commozione generale che è il più perfido sberleffo a un’america impoverita e frastornat­a. Quella su cui, nell’ultimissim­a scena, non smette di puntare i suoi occhi indagatori, un’agente in gonnella dell’fbi…

 All’origine della storia un licenziame­nto ingiusto Il regista prende di mira chi non rispetta i patti di lavoro e guadagna sui consumi

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Adam Driver, 34 anni (nel film Clyde Logan) e Daniel Craig, 50 (Joe Bang) in una scena di «La truffa dei Logan». Nel cast, anche Channing Tatum (Jimmy Logan) e Riley Keough (Mellie Logan). Il film, nelle nostre sale da dopodomani, ha incassato...
Al bar Adam Driver, 34 anni (nel film Clyde Logan) e Daniel Craig, 50 (Joe Bang) in una scena di «La truffa dei Logan». Nel cast, anche Channing Tatum (Jimmy Logan) e Riley Keough (Mellie Logan). Il film, nelle nostre sale da dopodomani, ha incassato...
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