Discesa agli inferi e ritorno Melody, la voce del corpo
Vittima di un incidente, ha fatto del dolore una sonorità originale
puristi nel jazz hanno da sempre vita durissima, più che in altri ambiti: appare di continuo qualcuno che si prende delle libertà. Nel caso di Melody Gardot, non si sa nemmeno da dove cominciare. Forse dalla copertina del disco in cui appare appena velata? La foto è sul suo ultimo album «Live in Europe» e ritrae una 33enne bionda che regge una chitarra (...come una qualunque cantautrice), che da ragazza non aveva nemmeno una particolare inclinazione per il jazz.
Nè d’altro canto cercava una carriera nella musica: malgrado un nome che pare scelto da uno sceneggiatore a corto di idee, e nonostante le lezioni di piano che a 16 anni le consentivano qualche serata in piccoli locali di Philadelphia a suonare «oldies» di Carole King e Billy Joel, aveva preso la strada della moda al Community College della sua città. Se non che, su quella strada, un giorno apparve un Suv che — bruciato un semaforo — investì in pieno la 19enne Melody mentre tornava a casa in bici. Danni alla spina dorsale, bacino rotto in due punti, problemi neurologici gravi. Difficilissimo camminare, quasi impossibile parlare, memoria a breve termine in tilt. «Per mancanza di termini migliori, ero un vegetale. Nella mia testa c’erano dei pensieri, il problema era connetterli con le facoltà del mio corpo», racconterà. Nel corso di un anno passato sdraiata in un letto d’ospedale, un medico la incoraggiò a riattivare i circuiti emettendo suoni, perché non lo si poteva ancora definire «cantare». La musicoterapia, portata avanti con l’ausilio di un registratore, ha gradualmente consentito al cervello di recuperare molte delle sue capacità neuronali.
Questo spiega un po’ di cose, compresa quella copertina (peraltro riservata al pubblico europeo che ha acquistato
Della mia storia ho parlato molto in passato, era importante. Ora è il tempo di parlare degli altri
molti dei 5 milioni di album da lei venduti: negli Usa il cd non è in vendita): il corpo stesso per Melody è una conquista e il jazz non è una scelta, è vero: è una specie di necessità. «Cercavo un sound accogliente», ha spiegato: «troppi strumenti mi danno fastidio e una batteria elettronica mi causa dolore alle orecchie» (su questo, molti dei puristi di cui sopra possono convergere). La chitarra ha iniziato a suonarla perché sedersi al piano le era complicato. E così come la fotosensibilità spiega perché si ritrova a portare occhiali scuri come i jazzisti degli anni ‘50, anche il suo canto sexy, soffiato, da torch singer, è più una condizione ineludibile («Pensavo velocemente ma parlavo come avessi del miele in bocca») che una scelta. Certo, il video di Baby I’m a fool in cui canta in una vasca da bagno, coperta solo di schiuma, è ampiamente ascrivibile alle astuzie commerciali (come dimostrano 7,5 milioni di visualizzazioni su Youtube, numeri che normalmente il jazz si sogna).
I critici sostengono che si tratti più che altro di una cantautrice raffinata, che per di più si avvale di un produttore come Larry Klein, ex marito di Joni Mitchell e produttore di Madeleine Peyroux e Tracy Chapman. Che il suo stile risulti spesso suadente anche per le frequenti divagazioni in territori soul e bossa nova. Eppure non di rado i suoi brani trattano di abusi e sofferenza, non solo della sua personale: «Della mia storia ho parlato molto in passato, perché lo ritenevo importante. Ora è il tempo di parlare degli altri».
Il che non le preclude, sul palco, di ridere, saltellare e lanciare dei flirtosi «Yeah, baby». Poco ma sicuro, Duke Ellington l’avrebbe notata. Chi è
● Melody Gardot (americana, classe 1985) è una delle più famose cantanti jazz
● Rimasta vittima di un grave incidente stradale nel 2003, fu proprio grazie alla musicoterapia che la cantante e compositrice cominciò a comporre e a interpretare una sua personalissima musica che spazia in diversi ambiti, dal jazz al blues, dal r&b agli aromi latini
● A Umbria Jazz 2018 Melody Gardot si esibirà il 22 luglio prossimo presso l’arena Santa Giuliana