Aru? Deve fare pace con la bici
Là in fondo al Giro d’italia, tra fanfare e coriandoli, c’è un mucchietto di cenere: è quel che resta dei sogni di Aru. E anche un po’ dei nostri, di noi italiani preoccupati per il doponibali. Nessuno, neanche il più carogna dei suoi detrattori, avrebbe mai osato immaginare un simile sfacelo. Una sola consolazione: non sarà difficile fare meglio. Quanto meglio, è l’interrogativo. Certo non è verosimile un Aru a queste andature, da pensionato che pedala perché fa bene alla circolazione. I suoi risultati precedenti lasciano credere che abbia stoffa. Almeno un po’. Toccherà al nuovo padrone, Beppe Saronni, rimettere assieme i pezzi. Dopo esami e consulti, si conoscerà il piano di ricostruzione. Facile qualche ghigliottina tra i cervelli del potente team UAE. Poi campionato italiano, no Tour, quindi Vuelta e Mondiale. Ma è chiaro a tutti come il problema Aru sia più psicanalitico che fisico. Tocca a lui per primo capirsi e guarirsi. Quello che il Giro dà, cambiando una carriera, può anche toglierlo, rovinandola. Il primo passo è fare pace con la bici. Era un piacere, in giorni così la taglierebbe con la motosega. Ma non esiste campione vero senza passione vera. Senza felicità.