A Ricciardo basta la sesta marcia Vettel si tiene stretto il 2° posto
L’australiano: «Ho temuto la beffa». Seb guadagna 3 punti su Hamilton
MONTECARLO «Ora, se me lo consentite, vado a bere anche io. I miei amici fanno festa da giovedì». Non contiene il sorriso Daniel Ricciardo. Lo «shoey», lo champagne sorseggiato dalla scarpa davanti ai principi è solo l’aperitivo. Tracanna anche Adrian Newey, il genio dell’aerodinamica che gli ha disegnato un telaio perfetto per il budello di Monaco. È stata l’arma decisiva per spegnere una Ferrari molto timida. Dal 28° giro quando l’australiano ha perso uno dei motori elettrici, l’mgu-k, quello che recupera l’energia dei freni nel box della Red Bull si erano preparati al peggio, al ritiro. E invece lui ha tirato dritto pur potendo inserire solo sei marce su otto. Tutti si aspettavano un regolamento di conti all’ultima staccata fra ex compagni di squadra, un attacco di Sebastian Vettel nei pochi punti dove è possibile superare, tipo la chicane del porto o la Rascasse. E invece non c’è stato. Doveva mettere pressione Seb, gli ha fatto il solletico.
Difficile esaltarsi per i tre punti guadagnati su Lewis Hamilton in chiave Mondiale (il distacco scende a 14 punti), la Ferrari ha sofferto più del previsto pagando un alto degrado delle gomme. Problemi non troppo diversi da quelli della Mercedes, come ha spiegato il tedesco. Che la macchina più bilanciata qui fosse la Red Bull si era capito dai primi minuti di prove libere. Che riuscisse a vincere anche menomata nessuno ci avrebbe scommesso. Ogni volta che Sebastian si avvicinava veniva respinto, come un imbucato a una festa. Il dubbio è se non abbia utilizzato una tattica troppo prudente, forse al muretto credevano che a quello davanti prima o poi avrebbe ceduto il motore. Doveva essere battaglia e invece è stata una collezione di sbadigli, una processione lenta con i primi sei a tagliare il traguardo nello stesso ordine in cui erano partiti. Qui non si passa, e con queste macchine larghissime e sensibili alle turbolenze correre è come giocare a basket in una mansarda. Max Verstappen ha dimostrato il contrario, con una manovra da equilibrista su Sainz, ma l’olandese al via era ultimo (ha chiuso 9°), doveva farsi perdonare del disastro di sabato e non aveva nulla da perdere.
Ricciardo invece tutto, e anche Vettel non poteva permettersi errori. È stato fortunato il ragazzo di Perth, ma anche bravissimo nel mantenere la lucidità compensando le magagne del Kers con una guida dolce per conservare gli pneumatici e lasciarsi una riserva di energia nel finale grazie alla quale ha domato il ritorno del ferrarista. Chris Horner, il team principal della Red Bull, accosta la sua impresa a quella di Michael Schumacher a Barcellona del 1994 con la Benetton: il Kaiser affrontò più di mezzo Gp utilizzando solo la quinta marcia per chiudere alle spalle del vincitore Damon Hill. Ma è un paragone esagerato, perché su un circuito diverso da Montecarlo Ricciardo sarebbe stato sverniciato. In alcuni momenti girava dieci secondi più lento del tempo della pole, a ritmi da Formula 2, creando ingorghi da tangenziale. Nei quali è rimasta imbottigliata la Ferrari.