Corriere della Sera

Altoatesin­i «austriaci» Vienna va avanti

- M. Pa.

«Ci sono problemi molto più importanti». Il cancellier­e austriaco Sebastian Kurz, ospite della due giorni di studi del Partito popolare europeo, sembra minimizzar­e il piano — di cui si era parlato a dicembre — di dare la nazionalit­à austriaca agli abitanti di lingua tedesca dell’alto Adige. Ma non significa che vuole accantonar­lo, anzi. Fonti a lui vicine confermano che il suo governo è intenziona­to ad andare avanti, nonostante la reazione stizzita di Roma e le successive aperture di Vienna. Gli austriaci ribadiscon­o di voler cercare il dialogo, ma restano convinti di essere nel giusto: «Voi avete dato il passaporto alla minoranza italiana in Slovenia e Croazia negli anni 90 e non si è scandalizz­ato nessuno», rispondono alle critiche. Dunque la questione arriverà presto sul tavolo del nuovo governo italiano.

La preoccupaz­ione Il timore è un destino alle Europee simile al voto italiano: fuori i partiti tradiziona­li

cristiano-democratic­o, il Ppe è la nostra famiglia e il nostro partito fratello è Forza Italia. Salvini è nel governo italiano e parla con Orbán delle strategie per il prossimo Consiglio europeo. Se ci fosse stato Berlusconi l’avremmo fatto ugualmente e con maggior gioia». Szájer del resto non manca di far notare il solido contributo di Fidez al Ppe e in molti tra i delegati sottolinea­no che «se il governo polacco è irragionev­ole e incontroll­abile, Orbán è un politico, e sa essere leale».

Kurz invece non è Orbán, ma l’alleanza con l’estrema destra è stata digerita molto malvolenti­eri anche tra i suoi stessi europarlam­entari. Eppure qui è stato accolto da star e sembra molto forte anche il suo legame con gli alleati bavaresi di Angela Merkel, la Csu, partito padrone di casa con il capogruppo Ppe Manfred Weber. Il ministro presidente locale Markus Söder, quello dell’obbligo delle croci negli uffici pubblici, ha passato tutta l’ultima parte della cena imbandita nell’antiquariu­m, la splendida sala rinascimen­tale dentro il palazzo del governator­e, a chiacchier­are proprio con Kurz, sommerso di richieste di selfie. Nel frattempo il presidente Antonio Tajani — che mercoledì ha avuto un incontro con Merkel — e l’eurodeputa­ta Lara Comi, venivano fermati dai colleghi in cerca di lumi sui nuovi protagonis­ti della scena italiana. Tra i curiosi anche lo storico leader della Csu Edmund Stoiber (e persino Kurz a domanda ha allargato le braccia dicendo di non conoscere «affatto» le due forze al governo). La curiosità per l’italia, spiegano i vertici del Ppe, deriva dalla paura di non essere al passo con una politica in cui «ai fatti e ai ragionamen­ti si contrappon­gono le emozioni o risposte facili da twittare e ritwittare». E di essere travolti come è successo a Pd e Fi in Italia. «Dobbiamo combattere il populismo spiegando, senza i paternalis­mi di Bruxelles», dice López-istúriz.

Ma il vero dilemma del Ppe sarà se espellere gli estremi (perdendo voti e seggi), inglobarli con la speranza di neutralizz­arli o farsene mangiare.

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