Sette anni di lotta nel nome di Federico
Il caso Aldrovandi, il diciottenne morto tragicamente nel settembre del 2005
Federico Aldrovandi raccontato dall’avvocato di famiglia, Fabio Anselmo. Non che ci fosse bisogno di un altro libro (Federico, Fandango Libri) per ricordare la tragedia: nessuno che abbia avuto cuore e stomaco per seguirla fino in fondo potrà mai dimenticarla. Morire a 18 anni, per le percosse di quattro agenti durante un controllo di polizia, è un fatto di portata enorme, destinato a lasciare il segno in una società civile. Ma il libro ha un suo perché.
Anselmo descrive nei dettagli il dramma di Federico, ragazzo come tanti, proveniente da una brava famiglia di Ferrara, da genitori forti e tenaci, portatori di valori, che mai avrebbero potuto aspettarsi che capitasse a loro ciò che non si augura a nessuno: il dolore grandissimo di sopravvivere a un figlio. Perché proprio lui? E che cosa aveva fatto di male?
Sono gli interrogativi ai quali la famiglia non ha potuto rispondere, le perplessità che hanno dato la forza alla madre di Federico, Patrizia Moretti, di aprire un blog e rendere pubblica una situazione poco chiara, per certi aspetti infamante: all’alba del 25 settembre 2005 il figlio vieguida ne ritrovato cadavere in una strada poco frequentata, e la spiegazione ufficiale è «overdose».
Il percorso in salita che aspetta gli Aldrovandi è di quelli che lasciano senza fiato, ma la motivazione è più grande della fatica: rendere giustizia a Federico, ridargli la dignità negata. Un percorso che dura sette anni, sotto la anche dell’avvocato Anselmo. Fino alla conferma della sentenza in Cassazione: condanna dei quattro agenti a tre anni e sei mesi per omicidio colposo causato da un eccesso dei mezzi di contenimento.
Finisce così la storia di Federico, inconsapevole protagonista di una dura battaglia contro le istituzioni, o meglio contro i poliziotti che per caso lo hanno incrociato durante il ritorno a casa.resterà per sempre una foto, simbolo di ciò che non dovrebbe mai più accadere: il suo volto insanguinato, appoggiato su un lenzuolo bianco.
L’immagine
Non si può dimenticare il volto insanguinato del giovane appoggiato su un lenzuolo bianco