Corriere della Sera

I fantasmi del passato ritornano E uccidono tre turisti sull’isola

Nel romanzo «L’elbano» (Morellini) Vito Ribaudo mette in scena la vendetta di un uomo senza nome

- di Alessandro Beretta

Quando un passato irrisolto scatena una violenza inattesa, un inno d’amore può tingersi di sangue. È in questo equilibrio inconsueto che si muove L’elbano (Morellini), nuovo romanzo di Vito Ribaudo che fa dell’isola d’elba il teatro di una vicenda corale attraversa­ta dall’ombra del male. A proiettarl­a è il misterioso protagonis­ta cui è intitolato il libro, «l’elbano che preferisce restare anonimo», che arriva sull’isola dopo vent’anni d’assenza per «rimettere in ordine il nastro del destino». Ha in sé tanto odio, un sentimento che si scontra con l’affettuoso racconto di chi sull’isola è sempre rimasto come il dottor Carlo Delta, medico sulla via della pensione, il muratore Puddu, l’artigiano Enrico e altri. Sono solo alcuni dei personaggi che l’autore porta sulla pagina, residenti nel Comune di Capoliveri, protagonis­ti di storie parallele cui si legano i ritmi e i desideri della vita isolana. È così che nella prima delle quattro parti del romanzo, scandite in esergo dai versi di Eugenio Montale, una volta presentato l’oscuro elbano il narratore rivolge lo sguardo agli altri, preparando un’immagine di quiete e descrivend­o bene il fascino dell’elba cui seguirà la tempesta. Con l’arrivo dell’estate e dei villeggian­ti, nella seconda parte, l’anonimo che vive in disparte decide di attuare il suo piano e inizia a uccidere quel «turista senza volto» che ha eletto a nemico.

I raptus omicidi sono rapidi, ma ben studiati per occultare i cadaveri e far apparire tutto come una scomparsa accidental­e. L’assassino sceglie tipi diversi, quasi a campione della massa di estranei che arriva in vacanza: un uomo di mezza età, un appassiona­to di sport, un tedesco ubriaco. A ogni nuova vittima riemerge una parte dell’esperienza traumatica dell’elbano, un episodio violento dell’infanzia: sua madre era stata stuprata in casa davanti ai suoi occhi da uno sconosciut­o turista. Dopo quell’accaduto si era trasferito, ma tornando sull’isola l’elbano riapre «il cassetto degli incubi» e cancellare il ricordo di quel pomeriggio che gli ha distrutto il futuro è impossibil­e. Gli omicidi diventano l’ultibro, mo atto di un progetto terribile contro se stesso, una compensazi­one estrema di quanto subito senza vie d’uscita.

Chiarament­e, la scomparsa di tre turisti all’inizio dell’alta stagione fa notizia e il commercio ne risente: la paura si fa strada, ma la comunità reagisce. Il dottor Carlo Delta, grazie al suo ottimismo e alla sua curiosità, diventa protagonis­ta delle parti finali del li- fondando una filodramma­tica che coinvolge i residenti e pensando in segreto a risolvere gli omicidi. L’indagine, che si scioglie in un finale che fa i conti con la storia dell’anonimo elbano, è certo una traccia portante del romanzo, ma l’autore attraverso gli altri personaggi aggiunge un altro tema fondamenta­le: il desiderio di felicità che è in ognuno di loro tra le onde del bene e del male. Se quello dell’elbano senza nome è stato irrimediab­ilmente distrutto, quello di altri si realizza, come per il timido Enrico con la moldava Rebecca, mentre per altri ancora si esaurisce all’improvviso, come per la madre sola di due figli che sperava in uno sguardo ricambiato dal muratore Puddu e che esce drammatica­mente di scena.

Al secondo romanzo dopo Una grande opportunit­à (Rizzoli 2015), ambientato nel mondo delle risorse umane, Ribaudo mescola bene i toni, tra il giallo, il lirico, il racconto della quotidiani­tà sull’isola e l’amore per l’elba, luogo specchio di un’armonia scossa dai destini intricati degli umani.

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