Corriere della Sera

Giusto battere i pugni ma i muscoli non bastano

- di Silvio Berlusconi

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I l Consiglio europeo di questi giorni a Bruxelles suscita un’attenzione ben diversa rispetto ai precedenti appuntamen­ti, per via delle aspre polemiche sulla gestione del fenomeno migratorio, tanto da monopolizz­are l’attenzione dell’opinione pubblica rispetto agli altri importanti temi previsti in agenda.

Su questa questione davvero si gioca il destino dell’europa, almeno dell’europa che noi abbiamo conosciuto, che è nata dal grande sogno della nostra generazion­e, dalla visione e dai progetti dei Padri Fondatori.

Non c’è dubbio, la costruzion­e europea si è allontanat­a progressiv­amente, negli anni, da quel sogno, da quella prospettiv­a affascinan­te di un grande spazio di pace e di libertà, basato su valori comuni, su una comune appartenen­za dei popoli europei, capace di far pesare il suo ruolo nel mondo attraverso una politica estera e di difesa comune, dapprima come grande spazio economico per poi diventare modello di benessere e di convivenza civile tra i popoli.

Quest’europa ci ha assicurato settant’anni di pace, e non è poco, visto che gli stessi confini che oggi persone e merci attraversa­no senza neppure mostrare un documento sono quelli per difendere i quali milioni di ragazzi europei hanno versato il loro sangue pochi decenni fa. Un traguardo importanti­ssimo, per chi ricorda gli orrori della guerra. Ma ahimè non più sufficient­e, ormai.

In questi giorni, o comunque nelle prossime settimane, capiremo se vi sia ancora una speranza per la nostra idea di Europa, oppure se l’europa degli egoismi nazionali, delle burocrazie ottuse, delle regole scritte nell’interesse di pochi abbia definitiva­mente prevalso. In questo caso, temo che la costruzion­e europea non abbia un futuro.

La capacità dell’europa di dare una risposta unita e solidale a un dramma epocale come le migrazioni definirà l’avvenire del sogno europeo.

Le migrazioni sono una questione europea per eccellenza, perché nessun migrante dalle coste libiche si imbarca su un canotto per raggiunger­e Lampedusa, o fermarsi in Sicilia, o nel sud Italia: la loro meta è il cuore dell’europa. Paradossal­mente hanno un’idea di Europa più avanzata della nostra: l’europa come unica entità — non un singolo Paese — rappresent­a per loro un modello di benessere, di sicurezza, di civiltà del quale con disperata ingenuità aspirano a far parte.

È appena il caso di ricordare ancora una volta che l’ultimo governo italiano ad affrontare questo problema in modo adeguato fu il nostro, che riuscì praticamen­te ad azzerare gli sbarchi tramite accordi con i Paesi della sponda sud del Mediterran­eo.

Da allora la debolezza della posizione italiana, negli anni dei governi della sinistra, unita alla sopravvenu­ta instabilit­à dei Paesi di partenza dei migranti, come la Libia, ha determinat­o la situazione di oggi, nella quale almeno 500.000 irregolari stazionano senza prospettiv­e nel nostro Paese.

Ma il nostro Paese non è più disposto ad essere il ventre molle d’europa, e a doversi far carico da solo dell’emergenza migratoria, in nome di una retorica dell’accoglienz­a tanto astratta quanto pericolosa.

Una retorica che ha rimosso la parte più difficile dello sforzo di salvataggi­o: ovvero quella sulla terra ferma, la gestione e la integrazio­ne di un flusso incontroll­ato di persone di varie etnie, una retorica che ha fatto finta che bastasse salvare la vita di tanti disperati per essere in pace con le nostre coscienze, scaricando sulle comunità e sui territori il costo sociale di tale faciloneri­a.

Ecco perché l’italia deve anche a respingere al mittente con forza gli inaccettab­ili giudizi sulla nostra Patria, a maggior ragione se espressi da nazioni come la Francia, che ha gravissime responsabi­lità nell’aver determinat­o la tragedia libica, e quindi il riesploder­e dell’emergenza immigrazio­ne.

Saremo come sempre pronti in Parlamento ad appoggiare quelle decisioni volte a chiedere e ottenere che l’europa sia finalmente solidale, sia davvero unita e lungimiran­te nelle scelte necessarie per affrontare l’emergenza: per esempio i centri di accoglienz­a in territorio africano per determinar­e lì, prima della partenza, chi abbia diritto alla condizione di rifugiato e chi

La Ue dia una risposta solidale al dramma dei migranti ma la politica estera italiana non può ridursi a un’esibizione muscolare

invece debba essere rimpatriat­o, oppure l’assegnazio­ne di adeguate risorse al Trust Fund per l’africa, primo nucleo di quel Piano Marshall per il continente africano che è l’unico strumento — al di là dell’emergenza — per risolvere davvero con uno sforzo coordinato, deciso e di lungo termine un fenomeno potenzialm­ente devastante sia per l’africa che per l’europa.

Sono tutte soluzioni che siamo stati i primi ad indicare e che oggi finalmente sono in molti a considerar­e come le uniche strade praticabil­i.

Però attenzione: se può essere giusto battere i pugni sul tavolo, anche a difesa della dignità nazionale, la politica estera del nostro Paese non può ridursi ad un’esibizione muscolare che non saremmo neppure in grado di sostenere.

Senza l’europa, o contro l’europa, i problemi si aggravano, non si risolvono. I nostri governi, posso dirlo per esperienza diretta, hanno ottenuto buoni risultati in Europa soprattutt­o quando hanno saputo convincere, coalizzare, costruire alleanze. Con questo metodo, per esempio, siamo riusciti a portare Mario Draghi alla guida della Bce, una scelta che si è rivelata decisiva negli anni per ottenere dalla Banca centrale una politica monetaria più favorevole all’italia.

Ma non tutti coloro che sembrano difendere i nostri stessi principi sono in realtà nostri alleati. Sarebbe ingenuo per esempio pensare che possano esserlo, su questo tema, i paesi del gruppo di Visegrad, o la Csu tedesca, che hanno per obbiettivo non la difesa delle frontiere europee, ma quella delle loro frontiere nazionali. Questo significhe­rebbe rimandare i migranti, nella maggior parte dei casi, proprio in Italia.

Non è questo che ci aspettiamo dall’europa, ovviamente. Ci aspettiamo che le classi dirigenti europee si dimostrino lungimiran­ti e che il governo italiano sappia sollecitar­ne il senso di responsabi­lità con grande dignità e senza inutili contrappos­izioni.

Nelle prossime settimane vi saranno grandi decisioni da assumere, rispetto alle quali il Consiglio europeo rappresent­a un primo fondamenta­le passaggio nel determinar­e gli indirizzi politici comuni.

Non mi riferisco solo all’immigrazio­ne, anche se quello dei migranti è il tema di più drammatica evidenza perché più sentito dai nostri connaziona­li. Vi sono questioni sulla governance economica dell’europa con ricadute altrettant­o importanti anche se non di immediata evidenza per il cittadino, e rispetto alle quali non possiamo farci sorprender­e ed essere ancora una volta penalizzat­i dalle decisioni di altri Paesi come nel caso delle norme europee sul salvataggi­o delle banche.

Su tutto questo posso solo augurarmi — da italiano — che il Governo sia davvero in grado di tutelare le nostre ragioni e i nostri legittimi interessi. Sono le ragioni e gli interessi di un’italia che non può fare a meno dell’europa, e di un Europa che non può fare a meno dell’italia. Mi auguro che vi sia la capacità di farlo comprender­e ai partner europei, e che i governi amici si rendano conto che non ci sono alternativ­e per salvare l’europa e quindi anche sé stessi.

 ??  ?? Riposo L’ex premier Silvio Berlusconi, 81 anni, ieri mentre lascia l’albergo Palace di Merano (foto Klotz/rensi)
Riposo L’ex premier Silvio Berlusconi, 81 anni, ieri mentre lascia l’albergo Palace di Merano (foto Klotz/rensi)

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