Corriere della Sera

Milano, il bosco della droga dove si perdono due generazion­i

Rogoredo, i ragazzini e i sopravviss­uti all’ecatombe degli anni 80

- di Gianni Santucci

Il bosco di Rogoredo a Milano: la piazza di spaccio più grossa del Nord Italia, dove i giovani tossicoman­i si ritrovano accanto agli anziani con trent’anni di eroina alle spalle: i sopravviss­uti di una generazion­e sterminata dalla droga.

Sui ciottoli incastonat­i tra le aiuole di piazza Mirabello, scomodi per camminare, ma consoni all’ambiente di quella piazzetta, elegante spazio alberato nel centro di Milano, poco dopo le 15 dello scorso sabato schizza il sangue di Sara D., anni 29, eroinomane. La ragazza inciampa e cade, la montatura degli occhiali le incide un taglio sul naso, un sasso le apre una ferita sul sopraccigl­io. Qualche passante cammina e guarda quel corpo magro e immobile a terra, un braccio piegato sopra la testa, dove il sole fa splendere il rosso del sangue fresco. Alla fine la tirano su in due, lei parla con un filo di voce, gli occhi sono una fessura bianca. Arriva l’ambulanza.

Il giorno dopo, alle 20.50 di domenica, una chiamata da Rogoredo segnala una ragazza collassata nel «pratone» di via Orwell, sotto i piloni dell’autostrada, periferia estrema di Milano, penultima fermata del metrò, la piazza di spaccio più estesa del Nord Italia: qui i nuovi tossici si ritrovano accanto agli anziani, i cinquanten­ni con trent’anni di spade alle spalle, i sopravviss­uti di una generazion­e sterminata.

Sara D. chiede l’elemosina in centro e compra droga a Rogoredo, galleggia silenziosa tra due città che non hanno altri canali di comunicazi­one se non quello fisico della metropolit­ana. La ragazza ha ancora i tagli aperti in faccia per la caduta in piazza Mirabello quando stramazza sulla terra polverosa di Rogoredo, all’ora del tramonto, vicino ai binari dell’alta Velocità. E questo è il racconto, messo a verbale di fronte ai carabinier­i, del tossicodip­endente (50 anni) che l’ha soccorsa: «È andata giù, gli occhi rivoltati all’indietro, non aveva più battito. Non so cos’abbia preso, poteva essere speed (mix di eroina e cocaina, ndr), ma dipende da quanta roba c’era dentro. Le ho iniettato una fiala da 0,4 di Narcan. Ne ho sempre una nello zaino. Quella ragazza è troppo magra, sembrava che non avesse vene. Alla fine una vena l’ho trovata, sotto il collo. Aveva la pelle sottile come carta velina». Solo col Narcan (medicina salvavita per l’overdose), non si riprendeva: «Ho iniziato col massaggio cardiaco, con la respirazio­ne bocca a bocca. Dopo qualche minuto il battito è ripartito, poi è arrivata l’ambulanza, avevano il defibrilla­tore, l’hanno portata via». Si è salvata. Meglio: l’ha salvata l’anziano eroinomane.

Un migliaio di persone compra droga a Rogoredo ogni giorno. Le overdose mortali a Milano sono state 8 nel 2017 e 6 nei primi mesi del 2018. La piazza è divisa in due zone: la spianata di via Orwell, oggi quasi chiusa perché le Ferrovie hanno alzato un muro che rende complicato spacciare, e la collinetta dall’altra parte dei binari, dove i sentieri percorsi dai compratori in questi giorni sono affollati come una strada del centro alle cinque del pomeriggio. Il 4 marzo il cadavere di un ragazzo di Como, 20 anni, è stato trovato nel bagno di un treno alla stazione Cadorna. Nella stessa settimana un tunisino, 51 anni, è morto con la siringa in vena dentro un’auto a Quarto Oggiaro e un 45 enne sardo è caduto nei campi di via Fabio Massimo, dietro al «Boschetto». E poi un altro ventenne in una stanza d’albergo.

Il senso ultimo di tutto questo sta nelle età, nei 20 anni e nei 45 anni scritti sulle carte d’identità recuperate nelle tasche dei cadaveri, due generazion­i che si collegano nella prematura morte. I salvati dell’epidemia di eroina degli anni Ottanta e i nuovi sommersi del 2018, quando nessuno pensava più che la storia si sarebbe potuta ripetere e invece la nuova deriva è già avanzata. Un intelligen­te medico, Riccardo Gatti, capo del dipartimen­to delle dipendenze dell’ats di Milano, lo ripete da tempo: «I trafficant­i stanno spingendo sull’eroina perché hanno una generazion­e di clienti “vergini”, ventenni di oggi che non hanno memoria storica del disastro che tutti credevamo di aver superato». Voce piuttosto isolata. Politica, istituzion­i e autorità vedono solo un granello del problema, in termini di sicurezza/insicurezz­a, e finora non si sono poste il tema chiave: come scongiurar­e che l’eroina torni a devastare nuove generazion­i.

Perché a comprare la roba a Rogoredo entrano adulti e adolescent­i che raccontano storie come queste, raccolte dal Corriere negli ultimi tempi, anche grazie al lavoro delle stazioni e del Nucleo operativo dei carabinier­i di Milano, che su quella piazza di spaccio tengono fissa la presenza e la ricerca di informazio­ni. Una mattina di qualche mese fa, un uomo fumava eroina seduto su un tronco del «boschetto»: «Mi faccio da una vita, ho 40 anni, sono 27 anni che uso roba, ho cominciato a 13, mio papà è un tossico, spacciava e l’hanno arrestato, ce l’avevo in casa e gliela rubavo». Cinquanta metri più in là, una ragazzina, 18 anni appena compiuti, mentre cercava di tener su i pantaloni sdruciti che le cadevano sulle caviglie, raccontava: «Vengo a comprare qui da un paio d’anni, un paio di volte al giorno. Mia mamma lavora in banca, se litigo con lei sto per strada, stanotte ho dormito sotto i portici in Duomo. Prendo solo ero. Ho cominciato fumandola, ora me la spruzzo. Sono andata in comunità ma sono scappata dopo cinque giorni... Se avessi tanti soldi per stare bene, magari non mi farei... Spacciano anche nei campi intorno al mio paese, ma ci vogliono più soldi... Qua me la danno anche con 5 euro. Ora vado in Porta Garibaldi o in Porta Romana, a fare qualche soldo con l’elemosina. Poi quando sto male, stasera, torno». I ragazzi più giovani non hanno quasi mai il Narcan nello zaino.

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 ?? (Fotogramma, Lapresse) ?? Blitz Sopra, i carabinier­i a Rogoredo; a destra siringhe gettate via
(Fotogramma, Lapresse) Blitz Sopra, i carabinier­i a Rogoredo; a destra siringhe gettate via
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Pusher Il «giro» di spaccio al riparo della boscaglia
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