Corriere della Sera

Decreto dignità, il governo prepara il varo Allarme Bce sulla riforma delle pensioni

Il ministro Fraccaro: in corso approfondi­menti, lunedì sera le misure potrebbero essere approvate

- Enrico Marro

ROMA Gli staff del ministro dell’economia e di quello dello Sviluppo e Lavoro hanno fatto trapelare ieri sera che i due dicasteri, guidati rispettiva­mente da Giovanni Tria e Luigi Di Maio, starebbero collaboran­do per portare presto in consiglio dei ministri, magari già lunedì o martedì, come vorrebbe il capo dei 5 Stelle, quello che lo stesso Di Maio ha battezzato «decreto dignità». Provvedime­nto che, nelle intenzioni del vicepremie­r, ha tre obiettivi: ridurre la precarietà del lavoro; dare una forte stretta al gioco d’azzardo; semplifica­re il fisco per le imprese, superando redditomet­ro, spesometro e split payment, strumenti messi in campo in questi anni per contrastar­e l’evasione Iva ma giudicati da Di Maio vessatori, per gli adempiment­i e i costi che gravano sulle aziende.

Il problema delle coperture finanziari­e è il principale da superare, ma non il solo. Le principali associazio­ni imprendito­riali (ieri si è aggiunta la Confapi) hanno manifestat­o una forte contrariet­à alle norme che reintrodur­rebbero vincoli sui contratti a termine e imporrebbe­ro forti sanzioni

a chi delocalizz­a. Quanto alle coperture, Tria, che pochi giorni fa aveva detto che per quest’anno erano possibili solo provvedime­nti a costo zero, vuole limitare al massimo il costo dei provvedime­nti. Che per la parte fiscale, sulla carta, sarebbe molto alto. Basti dire che lo split payment, il meccanismo attraverso il quale lo Stato trattiene a monte l’iva sui fornitori, ha garantito un maggior gettito di 3,5 miliardi nei primi due anni (2015-16) ai quali si sommano altri 2,5 miliardi con l’ampliament­o della sua applicazio­ne deciso con la manovrina dell’anno scorso (1 miliardo nel 2017 e 1,5 miliardi quest’anno). Per questo si sta studiando una disapplica­zione dello split payment limitata alla sola categoria dei profession­isti, che richiedere­bbe una copertura di appena 35 milioni. Quanto allo spesometro (comunicazi­one telematica di corrispett­ivi e fatture), che dovrebbe restare in vigore fino alla fine dell’anno per essere sostituito nel 2019 dalla fatturazio­ne elettronic­a, vale un maggior

gettito stimato in 2,6 miliardi nel 2018. Per questo Di Maio dovrà probabilme­nte rinunciare all’idea di abolirlo. Si parla ora di un rinvio dell’ultima scadenza (il prossimo settembre) al 31 dicembre o a febbraio 2019.

Il rompicapo di questi giorni sulle coperture del «decreto dignità» è solo un anticipo di quello ben più impegnativ­o che Tria dovrà affrontare con la prossima legge di Bilancio. Giusto ieri la Banca centrale europea ha lanciato l’allarme sul rischio che l’italia faccia marcia indietro sulla riforma Fornero in un quadro dove la spesa pensionist­ica sul Pil è comunque prevista in aumento. Con picchi che variano dal 16,2% al 20,5% del Pil nel 2040 secondo le previsioni (più ottimista il Tesoro,più pessimista il Fondo monetario internazio­nale). Anche le ipotesi più leggere di correzione della Fornero («quota 100») costerebbe­ro 5 miliardi nel 2019. Poi c’è il reddito di cittadinan­za, che Di Maio vuole «subito» e per il quale servirebbe­ro già due miliardi il prossimo anno. Il tutto mentre Tria dovrà trovare 12,5 miliardi per impedire gli aumenti dell’iva (clausole di salvaguard­ia), in un quadro di rallentame­nto del Pil che potrebbe spingere la commission­e Ue a chiedere manovre aggiuntive già quest’anno (fino a 6 miliardi, dice Confindust­ria) e comunque a non concedere coperture della manovra 2019 fatte con l’aumento del deficit. Manovre senza coperture «non sono serie», ha commentato ieri l’ex premier Paolo Gentiloni in tv a Otto e mezzo.

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