Scommesse online, tv e calcio contro la stretta
L’effetto del divieto di pubblicità sui conti delle società. Scoppia la polemica: favoriti i giochi clandestini
ROMA Una forte stretta sulle scommesse on line, ed è subito polemica. Il Titolo 3 della bozza del «decreto dignità», sotto il titolo «Contrasto alla ludopatia» contiene una serie di disposizioni che, in linea con una battaglia «da sempre» del Movimento 5 Stelle, come ha ribadito ieri Beppe Grillo, si propone una lotta senza quartiere al «gioco d’azzardo». Per questo l’articolo 8 della bozza introduce il divieto di «qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro comunque effettuata e su qualunque mezzo». La violazione comporta una sanzione pari al 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e mai inferiore, «per ogni violazione, a 50mila euro».
Ieri, il vicepremier Luigi Di Maio, in un’intervista al quotidiano dei vescovi l’avvenire, da sempre contro le scommesse, ha anche annunciato l’introduzione di «una tessera del giocatore per controllare i flussi e mettere un tetto massimo» alle giocate, e lo stop alle slot machine e alle videolottery in bar e distributori. Questi apparecchi, dice Di Maio, devono stare «solo in luoghi ben definiti, con limitazione degli orari di gioco e l’aumento della distanza minima dai luoghi sensibili: scuole, centri di aggregazione giovanile e luoghi di culto».
Contro la stretta sono le emittenti tv, gli editori e le società di calcio. Il divieto di pubblicità, secondo alcune valutazioni, farebbe scendere le entrate pubblicitarie delle tv di 70 milioni nel 2019. Danni anche per le società di calcio, che li stimano in circa 200 milioni l’anno. Danni diretti, per il venir meno delle sponsorizzazioni di cui godono diverse squadre e della pubblicità, per esempio negli stadi, e indiretti, perché il divieto di pubblicità taglierebbe le risorse a disposizione degli acquirenti dei diritti di trasmissione delle partite in un mercato già ristretto. Il tutto, infine, lamentano le società di calcio, dopo che i diritti sono stati assegnati di recente, col rischio che le emittenti si rifacciano dei mancati introiti sulle stesse società. Col divieto di pubblicità calerebbero anche le entrate Iva (circa 200 milioni l’anno), con la necessità di trovare una copertura. Un conto è la lotta alla ludopatia, dice il fronte contrario, un altro il divieto di pubblicità, che tra l’altro indirizza verso le società legali di scommesse mentre la stretta di Di Maio rischierebbe di aprire spazi alle scommesse clandestine.