Corriere della Sera

IL REPORTAGE

A DUE GIORNI DAL VOTO

- Dall’inviata a Città del Messico Alessandra Coppola

L’ ultimo tratto di campagna elettorale è sul prato dello stadio Azteca di Città del Messico, un boato di novantamil­a persone, coriandoli, fuochi, musica, bandiere, mani che si allungano per toccarlo, donne che lo baciano, bambini che si fanno benedire, autografi, pupazzi, selfie, le cover dei cellulari con il gioco di parole «Amlove»: l’amore per Andrés Manuel López Obrador. Gli occhi lucidi, sale sul palco e s’abbraccia come per abbracciar­e la folla intera.

«Vinceremo le elezioni di domenica», lo dice lui, lo indicano tutti i sondaggi, compresi i più sfavorevol­i, e a questo punto lo sperano anche i detrattori. Perché il candidato «anti-sistema», ormai 64enne, alla terza battaglia per la presidenza messicana ha sollevato così tanta emozione che una sconfitta porterebbe a una rivolta popolare. Una petizione di artisti, tra cui i registi Alejandro Iñárritu e Guillermo del Toro, ha raccolto firme sotto l’appello «El día después», invocando una reazione pacifica «il giorno dopo» il voto, chiunque vinca.

«Andrés Manuel farà qualcosa per i poveri», è convinta Marta, 61 anni, di Iztapalapa; «Lui è diverso, penserà a gente come me, che sono madre sola», spera Ana Cristina, 27 anni, arrivata dal Guerrero per celebrarlo nello stadio della festa finale; «È l’unica opzione possibile, l’unico che non sia mai stato toccato da un’accusa di corruzione», dichiarano Simon, Natanael e Xavier, studenti all’università della capitale.

Edgar, autista di Uber, però, voterà domenica per chiunque «tranne che per lui»: «Rischiamo di diventare come il Venezuela, Amlo è uguale a Chávez», il defunto caudillo di Caracas, estremo del populismo latinoamer­icano.

È il principale argomento dei suoi grandi oppositori, il conservato­re Pan (bizzarrame­nte alleato con la sinistra in questa tornata) e lo storico partito al potere Pri, che si sono alternati alla guida del Messico negli ultimi due mandati. Il discorso pubblico di López Obrador ne tiene conto: «Non diventerem­o una dittatura — sente la necessità di sottolinea­re — ci sarà spazio per ogni dissenso».

Arturo Rodríguez, che segue da anni il candidato per l’autorevole rivista di analisi 

Ana Cristina Lui è diverso, penserà a gente come me, che sono madre sola

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