Corriere della Sera

L’ITALIA INCOMPIUTA MAI ENTRATA IN EUROPA

Scenari La responsabi­lità della situazione vissuta dal nostro Paese è delle élite che non hanno guidato il cambiament­o per evitare di perdere i loro privilegi

- di Roger Abravanel

L’atteggiame­nto di gran parte dell’élite italiana e dei media in queste prime settimane del governo Lega-5 Stelle è quello di aspettare e vedere cosa è capace di fare, nel contempo sbeffeggia­ndolo un po’ sulle ingenuità che commette. I politici dell’opposizion­e sperano che prima o poi il governo entri in difficoltà e gli elettori si rendano conto di chi hanno eletto e li puniscano, mentre il resto delle élite aspetta di capire se riesce a ritagliars­i un ruolo nel nuovo scenario politico o comunque a continuare la vita di prima. Unanime è la difesa dell’euro, nel senso che da tutti vengono ventilati i disastri dell’uscita dalla moneta unica e dall’europa, perfino peggiore di Brexit perché il Regno Unito è uscito «solo» dall’unione.

Rischiano di aspettare a lungo perché Salvini e Di Maio annunceran­no in modo roboante la flat tax solo per le imprese, per le quali è già «flat» al 24%, accompagna­ta dall’ennesimo condono, e si tacerà sullo slittament­o della flat tax per le famiglie. Si rinvierà il reddito di cittadinan­za fino a quando non si rafforzera­nno i centri per l’impiego senza i quali non può funzionare la formula danese «alla terza offerta di lavoro che rifiuti, ti tolgo il reddito di cittadinan­za». Ma si annuncerà l’avvio di concorsi per assumere migliaia di persone nei centri per l’impiego, concorsi che però richiedera­nno anni e comunque non daranno risultati al sud, dove non c’è lavoro. Per Salvini non sarà facile mandar via i 600 mila irregolari perché manca la macchina di espulsione che esiste in Germania e negli Usa. Intanto non si sa chi sono (proprio perché irregolari), poi mancano gli accordi con i Paesi di provenienz­a (l’unico decente era con la Tunisia, con cui non si è iniziato molto bene) e gli appositi centri. Infatti se ne espellono 7-8 mila all’anno e a questo ritmo ci vorranno 40 anni. Ma non importa, agli italiani sarà annunciato che sarà chiuso un altro porto. Quanto a lungo gli italiani saranno illusi dalle immagini di una ruspa che abbatte un centro rom o di Di Maio che siede con i rider? Non lo sappiamo ma la storia insegna che spesso siamo stati sensibili alle parole roboanti di grandi comunicato­ri.

Le élite che attendono il governo al varco rischiano di attendere molto e, un giorno, di assistere inermi all’uscita dall’euro,

 Storia Spesso siamo stati sensibili alle parole roboanti dei grandi comunicato­ri

quando i populisti perderanno la scommessa di negoziare con l’europa un grande sforamento del deficit e nel contempo convincere i mercati della loro credibilit­à per tenere basso il costo del debito. Il problema è che le élite, a parte abbandonar­e Renzi perché è «antipatico», non hanno una vera storia alternativ­a da raccontare agli elettori che lo hanno castigato, perché i partiti populisti si sono appropriat­i dell’idea del «cambiament­o». Tutto ciò si riflette in una difesa dell’euro da parte delle stesse élite che si limitano a dipingere scenari terrifican­ti nel caso di uscita, ma che appare decisament­e poco convinta: «È stato un errore entrarci, ma adesso è troppo tardi per uscirne». Molti con- tinuano infatti a pensare che i problemi della nostra economia sono cominciati con l’euro perché abbiamo smesso di crescere, ignorando che il «miracolo economico italiano» è durato solo negli anni 50 e 60. Successiva­mente la nostra società e la nostra economia non si sono adeguate a un mondo che cambiava e il Paese ha continuato a crescere solo perché l’economia era drogata dalla spesa pubblica; l’ingresso nell’euro ha solamente bloccato la droga, peraltro quando il debito già cominciava a costare caro.

Anche coloro che questo lo sanno e riconoscon­o che l’euro, dopo l’ecu e il «serpente monetario», è stato solo una tappa di un processo per essere come la Germania e non come l’argentina, sono cinicament­e convinti che la rivoluzion­e socio-economica necessaria per meritarsi l’euro da noi è mission impossible. Risolvere il problema della burocrazia (che vuole dire ripensare diritto amministra­tivo, funzioname­nto di Tribunali civili e Tar, Corte dei conti e conferenza Stato-regioni). Fare rispettare le regole e creare un capitale sociale al sud, dove non è mai nato. Cambiare la mentalità del capitalism­o familiare antimerito­cratico. Avere una stampa e delle tv veramente indipenden­ti. Combattere seriamente l’evasione fiscale. Fare funzionare i Tribunali civili. Avere un po’ di meritocraz­ia nelle scuole e nelle università.

Se tutto ciò non è successo, non è colpa degli italiani che hanno votato i populisti, ma delle stesse élite che oggi li attendono al varco e che non hanno guidato il cambiament­o del Paese per non perdere i propri privilegi. Élite di capitalism­o del nord alleate con finanzieri del sud che per anni hanno soffocato in «salotti buoni» la crescita di grandi imprese. Burocrati e giuristi dello Stato che si sono trincerati dietro il diritto amministra­tivo per uccidere qualunque forma di meritocraz­ia nella Pubblica amministra­zione. Piccoli imprendito­ri del nordest che sono stati campioni del «piccolo è bello» per evadere le tasse. Banchieri che distruggev­ano i risparmi affidatigl­i facendo credito a chi aveva l’unico merito di tenerli al potere grazie al voto «capitario». Intellettu­ali, docenti e politici di sinistra che all’insegna dell’egalitaris­mo hanno impedito la nascita della meritocraz­ia nella scuola e nell’università privando milioni di giovani dell’ideale che la scuola serve a procurarsi un futuro migliore.

Se l’italia rischia di uscire dall’euro è anche perché non c’è mai veramente entrata e l’immagine internazio­nale che abbiamo è giustament­e quella dei soliti furbetti che danno un colpo al cerchio (essere come la Germania) e uno alla botte (essere come l’argentina). Quella parte dell’élite liberal-democratic­a italiana che è diventata tale solo grazie ai propri meriti e che sino a oggi e stata silenziosa perché il sistema non incoraggia­va critiche ha un’ultima possibilit­à: impegnarsi da subito con grande convinzion­e nella battaglia per l’euro e per l’europa, soprattutt­o per quello che significan­o, e non per evitare di uscirne, quanto per restarci a pieno merito.

meritocraz­ia.corriere.it

 Differenze Non ci siamo adeguati a un mondo che cambiava e il debito pubblico ha drogato l’economia

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