L’influenza negativa sul dna democratico
L’effetto Trump che travolge l’america sta cambiando anche i connotati del partito democratico spingendolo verso posizioni più radicali. Un fenomeno segnalato già nei mesi scorsi da questa rubrica, ora confermato anche dalle primarie di New York: la socialista 28enne Alexandria Ocasio-cortez, seguace di Bernie Sanders, ha sepolto sotto una valanga di voti il deputato in carica Joseph Crowley, un «peso massimo» dei democratici (numero quattro nella gerarchia nazionale del partito). Anche se non manca qualche segnale diverso (come la tenuta di candidati moderati in California), si fa strada l’idea che Trump ha cancellato una regola non scritta ma silenziosamente condivisa fino a ieri dal grosso dei politici americani: le elezioni, negli Usa, si vincono al centro. Cresce, così, la tentazione di opporre al radicalismo populista e conservatore di The Donald una linea altrettanto radicale e non priva di venature populiste anche a sinistra: le invettive della Ocasio-cortez contro i leader democratici «che accettano contributi dalle corporation, non bevono la nostra acqua, non mandano i figli nelle nostre scuole e quindi non possono rappresentarci» riecheggiano il disprezzo di Trump per l’establishment repubblicano. Ma c’è qualcosa di ancor più profondo nel mutamento genetico del tessuto progressista indotto dall’effetto Trump. E qui, più che della Cortez, bisogna parlare di Sarah Huckabee, la portavoce della Casa Bianca, respinta una settimana fa da un ristorante di Lexington, in Virginia, per una sorta di obiezione di coscienza: niente cibo a una cliente giudicata dal gestore di Red Hen complice di politiche lesive della dignità umana. Un errore che il proprietario del locale sta già pagando caro e che è stato cavalcato, come prevedibile, da Trump e dalla destra: Sarah elevata a martire da gente che non ha fiatato quando, due o tre anni fa, altri locali si rifiutavano di servire addirittura il vice di Obama, Joe Biden. Oggi, però, il punto è un altro: quello sottolineato dall’ex stratega di Obama, David Axelrod, sorpreso e angosciato dalla valanga di voci progressiste che hanno elogiato la cacciata della Huckabee. Un regalo politico a Trump, ma soprattutto una manifestazione di intolleranza che dovrebbe essere respinta dai democratici in quanto contraria al proprio dna. Axelrod avverte la sinistra: attenti, non batteremo Trump inseguendo i suoi comportamenti incivili. Ma sta accadendo proprio questo in un clima che rende più difficile difendere la civiltà del dibattito politico.