I RISVEGLI DEI DEMONI
L’appuntamento Torna la grande rassegna di Cividale, che conferma un orizzonte internazionale. Lo spettacolo della polacca Górnicka è un atto d’accusa verso i sovranismi che riaffiorano in Europa. E un invito alla solidarietà tra i popoli MITTELFEST, INNO
S i comincia con un Inno all’amore da brividi. Perché l’amore cantato in coro da 33 uomini e donne di età ed etnie diverse è quello degli inni nazionali, delle marce militari, delle litanie religiose, volto a esaltare un piccolo mondo chiuso in se stesso, una patria fatta di persone simili tra loro. Un modello alla Matrix, dove tutti somigliano a tutti e il diverso e lo straniero è visto come una minaccia all’ordine, alla sicurezza, alla tutela di valori comuni.
«Corpi estranei, da tenere fuori dai confini, da eliminare in nome di una terra madre, feroce e ingenerosa» conclude con ironica amarezza Marta Górnicka, ideatrice e regista polacca del dissonante e provocatorio «Hymm to Love», che giovedì 5 luglio al Teatro Ristori di Cividale aprirà il Mittelfest stavolta dedicato, per volere del neo direttore artistico Haris Pašovi, ai Millennials. Una generazione nata a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio della nuova era, a cui appartiene anche Górnicka. Che però ben conosce la lezione di geni quali Tadeusz Kantor e Pina Bausch e la mette pratica in modo originale, usando la forza collettiva di un coro, capace come nella tragedia greca di agire e commentare la realtà. «Il coro è l’eroe del mio spettacolo, è lo specchio di una comunità — dice —. Non inteso come massa ma insieme di diverse personalità anche quando si esprimono all’unisono. Cantano le stesse parole ma ciascuno a modo proprio, in una polifonia di voci capace di svelare gli abissi dell’inconscio collettivo».
Declinato in variazioni vocali fino a formare un mostruoso «Canzoniere nazionale», vessillo di un’identità immaginaria. «E anche la metafora di un’europa sempre più squassata da nazionalismi e xenofobie.
La regista
«L’europa perde i suoi ricordi più neri. E quindi è destinata a ripetere gli stessi errori di ieri»
Fomentati da quei leader che fanno leva sui peggiori istinti della gente, risfoderando con vocabolario osceno, paure e insicurezze ataviche».
Anche la lingua può diventare uno strumento di ideologia. «Dietro le intenzioni di mettere le cose in ordine, si nasconde il progetto di realizzare una patria-famiglia abitata solo dal nostro popolo, dove l’amore per il prossimo riguarda solo chi fa parte della tua etnia, religione, cultura. Dimenticando l’insegnamento primo di Cristo, che il prossimo è l’altro da te». Ma come siamo arrivati a tutto questo?
La storia recente nulla ci ha insegnato? «L’europa soffre di Alzheimer, sta perdendo i suoi ricordi. E quindi è destinata a ripetere gli stessi errori, gli stessi crimini. Lavorando a questo spettacolo ero ossessionata da un’immagine, quella dell’orchestrina dei campi di concentramento, che suonava marce, musica classica e arie da operette. E i prigionieri erano costretti ad accompagnarle cantando. La musica ha avuto un ruolo importante nell’olocausto, se n’è resa complice. La differenza è che stavolta l’orchestra non suona più ad Auschwitz ma vicino ai confini, in luoghi dove si stabilisce chi può passare e chi no, chi è adatto a vivere qui e chi è destinato a morire davanti al “cancello del paradiso”».
«Hymn to Love», già eseguito in molti Paesi d’europa, dalla Germania alla Grecia all’austria, è il terzo momento di una sua trilogia ispirata a «Madre Coraggio» di Brecht. «Un testo cardine. Brecht ci regala una figura di una madre imprenditrice, soldatessa, politica. Pronta a tutto per sopravvivere, anche a mandare a morire i propri figli, a sputare su di loro». Ma non sono più i tempi di guerra di Brecht.
«Oggi sono quelli della paura. Una paura alimentata dai politici che non risparmiano terminologie guerresche per suscitare l’odio per il “nemico”. No, non abbiamo imparato nulla dalla storia. È orribile vedere i vecchi demoni che tornano come in un’antica tragedia e quei vecchi demoni non possono addormentarsi finché non bevono del sangue». I populismi dilagano, anche l’italia rischia di esserne conquistata. I consensi per questo tipo di politica sono sempre più vasti. «La Polonia e l’ungheria sono state le apripista della deriva. La Polonia ha rifiutato di accettare i rifugiati e ha negato anche il più piccolo gesto simbolico di sostegno. Quasi l’80% dei polacchi approva questa decisione del governo, e l’opposizione comincia già a parlare la stessa lingua». E l’europa? Con tante defezioni, tanti irrigidimenti, che ruolo può ancora avere? «In un certo senso l’europa non è più lì... Milioni di persone tentano di farsi strada verso la Madre Europa. Con grande coraggio per raggiungerla salgono sui barconi, affrontano mille pericoli. Ma la Grassa Madre Europa, circondata dalle acque, li risputa a riva. Di fronte a quello che sta succedendo in questi giorni nel Mediterraneo ho l’impressione che anche il mio Coro stia perdendo la voce. Davanti a gesti così disumani, non ci sono più parole».
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