Corriere della Sera

«Vi ho trasformat­i in vincenti»

«Alla mia Jugoslavia dicevo: quelli fisicament­e non reggono il colpo...»

- Alessandro Pasini

Slam

● Ratko Rudic, 70 anni, è croato con passaporto italiano

● Ha giocato fino al 1981 conquistan­do, fra l’altro,

8 titoli jugoslavi con il Partizan e un argento olimpico ('80) con Jugoslavia

● Da allenatore ha vinto fra l’altro 4 ori olimpici con 3 Nazionali diverse: Jugoslavia ('84 e '88), Italia ('92) e Croazia (2012)

● Ha allenato il Settebello dal 1991 al 2000 conquistan­do lo storico Grande Slam, con tutti ori in un ciclo olimpico: Giochi di Barcellona '92, Coppa del Mondo ed Europei '93, Mondiali ' 94 ed Europei '95. Bronzo ad Atlanta '96, chiude la storia azzurra a Sydney 2000, squalifica­to dopo il quarto perso con l’ungheria

«Dopo i Giochi a Rio 2016 col Brasile mi ero detto: smetto, a meno che non arrivi un progetto entusiasma­nte. Poi mi ha telefonato questo signore...». Il signore — seduto insieme a noi col sorriso soddisfatt­o — è Maurizio Felugo, presidente della Pro Recco, ex giocatore che proprio questo croato mitico e baffuto fece esordire in Nazionale azzurra una vita fa. «Il progetto di Maurizio mi ha emozionato, ed eccomi qui». A parlarci ancora di pallanuoto e vita con i suoi 70 anni che sembrano 30.

Ratko Rudic bentornato. Ci mancava, sa?

«E l’italia mancava a me. Qui ho passato gli anni migliori della mia vita».

Ritorna perché?

«Mi hanno parlato non solo di risultati ma di sviluppo della pallanuoto. Sogno un movimento globale con Recco come modello e traino».

Lei anni fa vinse un premio simpatia.

«Io? È sicuro?».

Youtube conferma.

«Ok. Ma che c’entra?».

C’entra perché lei è il simpatico che guiderà gli antipatici dei 13 scudetti di fila e della dittatura economica.

«Non so se sono simpatico, ma sono un tipo aperto che dice sempre ciò che pensa, anche se disturba qualcuno. Chi vince è sempre antipatico, ovunque. Se il mio nome servirà all’immagine meglio: io non sono solo un tecnico, ma anche un divulgator­e. Un politico invece mai...».

L’obiettivo è la Champions che a Recco manca dal 2015 ed è già ossessione.

«Ma io non sento stress. Penso solo a vincere. Sennò che si gioca a fare?».

È la domanda che si faceva chi incontrava il suo leggendari­o Settebello...

«Che orgoglio! Quel Grande Slam non l’ha fatto mai nessun altro nella storia». Come fu possibile? «Giocatori intelligen­ti e grandi motivazion­i. All’inizio c’erano conflitti. Io venivo dalla cultura jugoslava: lì il tecnico è un dittatore e la preparazio­ne fisica durissima. Sa cosa dissi loro appena arrivato?».

Che cosa?

«Che con la Jugoslavia ero sempre contento di incontrare l’italia perché fisicament­e non reggeva il colpo...».

Ci è andato leggero...

«Ho spiegato che non bisognava essere alti per forza 2 metri. Sei 1,70? Lavora per alzarti di più sulle gambe. Da voi però ho imparato il dialogo. A Barcellona c’era chi vomitava per la tensione. Ho detto: calmi, se sbagliamo è colpa mia. Si sono rilassati».

Ha detto: «I giocatori mi devono odiare».

«L’allenament­o deve imitare la partita, la sua durezza e i suoi conflitti. È adattament­o per evitare sorprese».

Funziona anche nella vita?

«Naturalmen­te. Non a caso tanti miei giocatori hanno ottenuto ottimi risultati pure fuori dalla piscina».

A Lignano segue Habawaba, festival mondiale della Leggenda Ratko Rudic, 70 anni, a bordo vasca ai tempi in cui guidava il Settebello azzurro. A sinistra l’allenatore croato durante la presentazi­one come nuovo allenatore della Pro Recco

(Ansa)

pallanuoto per bambini fino agli 11 anni. A loro che dice?

«Divertitev­i e imparate i fondamenta­li. Ora è presto per tattica e agonismo. Lo devono capire anche i genitori».

La sua avventura italiana finì male ai Giochi del 2000, con le polemiche e l’esonero dopo il k.o. con l’ungheria.

«Erano più forti, ma gli errori arbitrali restano. Non rinnego niente. Anzi, il piacere di dire quelle cose è stato superiore al dispiacere della squalifica. Ero più leggero!».

Ratko bambino che cosa sognava?

«Ero ambizioso. A Zagabria facevo pallanuoto, calcio, basket, pallamano. Poi ho scelto la mia via. Ma mi hanno fregato gli infortuni».

Si è rifatto in panchina.

«Un destino. Sono partito per due soldi, allenando ex compagni più grandi me. Il primo giorno ho tagliato i ponti subito: “Ora io comando, non mi parlate più come prima, quando smetterete torneremo amici”».

Julio Velasco a 66 anni torna a Modena nel volley. Larry Brown a 77 arriva a Torino nel basket. Lei torna a 70. C’è bisogno di guru?

«Chissà. La verità è che nel nostro mestiere non conta l’età, ma la conoscenza e l’energia. Posso averne più io di uno di 35 anni».

Dipinge ancora?

«Ormai mi manca il tempo. Ma ascolto molto jazz, classici come Oscar Peterson».

È nella Hall of Fame, «migliore tecnico di pallanuoto di sempre». Concorda?

«Be’, dei risultati li ho fatti... E sarà dura uguagliarl­i».

Dunque Recco sarà una passeggiat­a?

Vecchio a 70 anni? Nel mio mestiere non conta l’età, ma la conoscenza e l’energia. Sogno un movimento globale con la Pro Recco come traino

«No, ma per me non esistono situazioni difficili. E che bisogna vincere lo so da sempre: mai avuto bisogno che qualcuno mi convincess­e...».

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