Lo schiaffo a Fincantieri
Fincantieri ha rimediato in Australia un sonoro ceffone. In gara contro spagnoli e inglesi ha perso una maxi commessa per costruire navi militari.
Nei giorni scorsi Fincantieri ha rimediato in Australia un sonoro ceffone. In gara contro gli spagnoli di Navantia e gli inglesi della Bae Systems ha perso in volata una maxi-commessa che passerà agli annali come il più grande programma di costruzione di navi militari finanziato in tempo di pace (35 miliardi di dollari australiani, 23 miliardi di euro). In concreto si tratta di 9 fregate antisommergibile ordinate dalla Marina australiana e alla fine aggiudicate agli inglesi. Ovviamente in gare come queste, giocate sul filo delle alleanze geopolitiche, per perdere basta poco. Ma la sconfitta di Fincantieri è particolarmente difficile da accettare e lo testimonia il caustico commento del think tank Australian Strategic Policy Institute (Aspi): «Bae ha vinto ma ha vinto anche l’australia?». Le fregate Type 26 presentate dai britannici hanno buoni atout compreso un design moderno ma secondo Aspi sono più valide sulla carta che in acqua. E infatti gli australiani hanno scelto sulla carta perché la prima Type prenderà il mare solo tra una decina di anni e per di più i programmi di fabbricazione per l’australia rischiano di sovrapporsi a quelli già decisi per la Royal Navy. La fregata Fremm proposta da Fincantieri, invece, è già in uso e ampiamente testata e quindi perdere contro un’offerta meno competitiva fa doppiamente male. Fincantieri, come ha scritto nei giorni scorsi Mediobanca Securities, ha uno stock di ordini di 22 miliardi di euro (con la commessa delle 9 fregate li avrebbe raddoppiati) che coprono i ricavi di quattro anni ma lo schiaffo australiano può lasciare il segno. All’orizzonte ci sono altre gare, compresa una — sempre con le Fremm — negli Usa da 20 miliardi di dollari, ma c’è il timore che la perdita di peso internazionale del sistema Italia comprometta ogni sforzo. Oggi l’attenzione del Paese è tutta rivolta ai temi interni, si ragiona più in termini di protezione che di espansione e le nostre multinazionali rischiano di non avere copertura dal punto di vista diplomatico e geo-politico. Eppure conquistare commesse di quel valore produce effetti sull’occupazione almeno come una delocalizzazione sventata. Con l’italietta si combina poco nel mondo.
In Australia
Il gruppo ha perso in volata una maxicommessa da 23 miliardi di euro