Corriere della Sera

Merkel: accordo con 16 Stati. Ma da Est la smentiscon­o

Praga e Budapest replicano all’annuncio della cancellier­a: «Nessuna intesa sui respingime­nti rapidi»

- Maria Serena Natale msnatale@corriere.it

Merkel si salva e conta gli amici in Europa. I primi a rispondere all’appello della cancellier­a tedesca, sotto ricatto degli storici alleati interni bavaresi che chiedevano cambio di passo e linea dura sull’immigrazio­ne, erano stati il premier spagnolo Pedro Sánchez e il greco Alexis Tsipras — nemesi per l’inflessibi­le Berlino. Poi è toccato ai 14 «volenteros­i» che nel Consiglio Ue del 28-29 giugno avrebbero accettato di co-gestire i «movimenti secondari» riaccoglie­ndo i richiedent­i asilo registrati sul proprio territorio ma decisi a raggiunger­e la Germania tornata terra promessa di «paesaggi fioriti», come indicò Helmut Kohl ai fratelli della Ddr. Le intese bilaterali strette a Bruxelles hanno dato a Merkel una boccata d’ossigeno scongiuran­do crisi di governo ed elezioni anticipate. L’aiuto sarebbe arrivato da Belgio, Francia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Lettonia, Lussemburg­o, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia, oltre che da Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca (insieme alla Slovacchia nel Gruppo di Visegrád, compatto nel rifiuto del sistema di ripartizio­ne dei profughi). Ieri pomeriggio, però, Budapest e Praga hanno smentito: nessun accordo sui respingime­nti rapidi. In effetti la condivisio­ne volontaria del metodo, che richiamava solo vagamente le quote e avrebbe comunque comportato uno sforzo minimo, era parsa sorprenden­te.

Distension­e con il ministro dell’interno tedesco Horst Seehofer e il premier bavarese Markus Söder, che promuove l’accordo di massima: «Va nella giusta direzione». La smentita dell’ungheria del nazionalis­ta Viktor Orbán e della Repubblica Ceca del magnate populista Andrej Babis non annulla il risultato ma evidenzia la vulnerabil­ità della cancellier­a. Merkel ha comunicato il raggiunto accordo ai leader dei partiti della Grande Coalizione (Csu bavarese e socialdemo­cratici) con un documento di otto pagine che delinea anche «centri-ancora» per identifica­re migranti non inseriti nella cornice degli accordi bilaterali.

Proprio ieri ad Augusta si è tenuto il congresso federale di Alternativ­e für Deutschlan­d, la formazione di ultradestr­a diventata alle elezioni del 2017 terza forza politica al Bundestag. Davanti alla platea dei delegati il capo Jörg Meuthen si è detto pronto a lavorare «per rafforzare l’europa» con Orbán, il ministro dell’interno italiano Matteo Salvini, il cancellier­e austriaco Sebastian Kurz e il suo alleato di estrema destra Heinz-christian Strache. La presa di distanza stavolta arriva da Kurz, il leader 31enne eletto cavalcando la retorica «anti-invasione» che da oggi assume la presidenza di turno dell’unione europea e il compito di mediatore: «I nostri alleati in Germania? Angela Merkel e Seehofer, non l’afd». Per il semestre austriaco ha scelto il motto «Un’europa che protegge».

Il fronte interno Distension­e con il ministro dell’interno e il premier bavarese: «La giusta direzione»

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