La vela antica, via Gps e radar
Il giro del mondo in solitaria senza tecnologia Fra i 18 in gara l’italiano Cappelletti e una donna
Giovedì sono arrivate da Montevarchi le scatole di cibo. Dovranno bastare per nove mesi, il tempo entro il quale Francesco Cappelletti conta di completare il giro del mondo a vela in solitaria. Partenza da Les Sables d’olonne, costa atlantica francese, rientro nello stesso porto non oltre le tre del pomeriggio del 22 aprile 2019.
Non la solita circumnavigazione del globo, ma la rievocazione della prima regata senza soste della storia. Esattamente cinquant’anni fa, alla Golden Globe Race organizzata dal The Sunday Times, presero il via in nove, soltanto uno arrivò. Cappelletti e altri 17 temerari (una sola donna, la più giovane con i suoi 28 anni) dovranno fare non solo un viaggio attraverso gli oceani, ma sopratutto un salto nel tempo, tornando a quel lontano 1968, l’«età dell’oro» della vela. Niente tecnologia o sofisticazioni elettroniche, vietati Gps o radar. Dovranno scegliere la rotta con sestante e carte nautiche, il meteo lo scopriranno guardando l’orizzonte, chi vorrà distarsi potrà ascoltare musica, ma dai mangianastri, e le foto ricordo dovranno scattarle con la vecchia pellicola. Anche le imbarcazioni sono rigorosamente vintage, a chiglia lunga, progettate prima del 1988, lunghe non più di 11 metri. «È un sogno che si realizza» dice Cappelletti, toscano, 40 anni, skipper di professione, che le prime tempeste le sta affrontando ancora prima di partire. Ha fatto tutto a basso scosto, ha raccolto fondi in giro per l’italia, ed è arrivato con il fiatone ai nastri di partenza. Anzi, gli manca ancora un po’. Oggi a mezzogiorno e 5 minuti, quando sir Robin Knoxjohnston a bordo della sua Suhaili, che mezzo secolo fa gli permise di tornare vittorioso, darà il via, saranno solo in 17 a spiegare le vele. Proprio Cappelletti non ci sarà, ma il regolamento gli permette di partire entro il 7 luglio. Domani dovrà sottoporsi all’ispezione per la sicurezza e poi ancora un paio di giorni di test. «Mi dispiace. Spero di farcela per venerdì, al massimo sabato» promette.
In fondo anche questi contrattempi rientrano perfettamente nello spirito della regata. E curiosamente giocano con la storia. Anche cinquant’anni fa c’era un italiano in acqua, Alex Carozzo, il padre dei velisti oceanici nostrani. Anche lui dovette partire e subito fermarsi per completare la messa a punto, uno stress che probabilmente contribuì a quell’ulcera che lo costrinse a interrompere definitivamente la sua prova. Carozzo, 86 anni, ha raggiunto Cappelletti in Francia. Si sono scattati una foto assieme e il giovane Francesco ha commentato con autoironia. «Ultimo a partire per la Golden Globe del 1968... una tradizione, tutta italiana che a quanto pare andrà a ripetersi!».
Non è l’unico incrocio tra passato e presente. Cappelletti, cresciuto nell’entroterra di Arezzo, ha iniziato ad amare la vela dopo aver letto La lunga rotta, le memorie di Bernard Moitessier, il francese che nel 1968 era in testa ma decise di sbarcare a Tahiti perché si «sentiva più felice in mare». Fu una competizione mitica e maledetta, legata anche all’imbroglio del britannico Donald Crowhurst, che comunicò false posizioni alla giuria non muovendosi dall’atlantico, e poi decise di togliersi la vita, lasciando la barca alla deriva. Questa volta i giudici sapranno sempre dove si trovano i concorrenti. Localizzatori satellitari sono in realtà presenti sulle imbarcazioni, ma i velisti non potranno accedervi. Avranno invece un «kit d’emergenza», ma se lo attiveranno verranno immediatamente esclusi dalla classifica.
Ciò che Cappelletti teme di più è la solitudine. «So che per i primi due o tre mesi la posso sostenere — ha detto in un’intervista a Saily.it —. Poi sarà una scoperta anche per me». Ma la sfida ha prevalso sui timori. «Quando leggevo Moitessier mi sembrava una favola. Adesso sta diventando realtà. So che tornerò cambiato, ma sopratutto completato».
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