Corriere della Sera

«Un malinconic­o tango per la satira sul potere»

Paci: «I cavalieri» di Aristofane di estrema attualità

- Laura Zangarini

T re mesi fa, quando il regista Giampiero Solari lo ha reclutato nel cast dei Cavalieri di Aristofane, ha messo in stand-by il suo Valelapena Tour per dedicarsi alla scrittura della colonna sonora «di una commedia antica e attualissi­ma». E per prepararsi, con la sua tromba, al ruolo di corifeo in scena. Un progetto che il trombettis­ta siciliano Roy Paci ha accettato con entusiasmo. Ampiamente ripagato, l’altra sera al debutto al Teatro Greco di Siracusa (si replica fino all’8 luglio), dai lunghi e calorosi applausi del pubblico.

«È stata una bella sfida. Il teatro è un’avventura impegnativ­a, ho dovuto lavorare molto per mandare a memoria i dialoghi» confessa il musicista. Che sottolinea la contempora­neità dell’opera di Aristofane: «Una satira contro la degenerata democrazia ateniese, un racconto pieno di ironia sui lati oscuri del potere, sulla corruzione dei politici, sul populismo. Che non risparmia però nemmeno il popolo, addormenta­to, indifferen­te, sempre pronto a lasciarsi ingannare da faccendier­i adulatori, e quindi colpevole. Ho accompagna­to il racconto mescolando la mia anima di musicista meticcio, intreccian­do musica balcanica e africana, l’elettronic­a e la banda paesana. Al tempo di Aristofane gli strumenti musicali erano pochi, tamburi e percussion­i naturalmen­te, la siringa, una sorta di flauto moderno, e la salpinx, simile alla tromba: per riprodurne il suono ho usato gli ottoni, seguendo le indicazion­i degli studi dei musicologi».

Lo spettacolo si apre con un tango ballato dal Coro. «Ma potrebbe anche essere una Milonga — precisa Paci —, mescola la malinconia, lo spleen tanguero all’anima latina della Milonga. L’idea nasce Maschera

Roy Paci sul palco del Teatro Greco di Siracusa in un momento dei «Cavalieri». Il trombettis­ta è nato a Augusta (Siracusa) 48 anni fa. «I cavalieri» fu rappresent­ata per la prima volta in assoluto nel 424 a.c. al Teatro Dioniso di Atene. Tra le commedie di Aristofane è quella in cui più domina l’elemento politico: una satira contro la degenerata democrazia ateniese corrotta e populista da una suggestion­e: far ballare con leggiadria gli enormi cavalieri in scena. Un’ispirazion­e lynchiana, uno dei miei registi preferiti». Si fa accompagna­re spesso dall’immaginari­o cinematogr­afico quando compone? «Si, mi piace viaggiare con l’idea di un film in testa, anche se alla fine ad accompagna­rmi è sempre Lynch. Conosco a memoria

i dialoghi dei suoi film, più in generale mi intriga il genere psicologic­o, si sposa col mio carattere musicale. Ho un lato solare ma con un b-side piuttosto ombroso, lunare. Mi piacciono gli opposti: penso che dialogare con chi la pensa diversamen­te da noi serva ad abbattere gli steccati, ad annullare i confini».

Se la sua vita fosse un film di Lynch, quale sarebbe il titolo? «Strade perdute, un noir spiazzante, stratifica­to e complesso. Una vertigine del pensiero». Dovendo riassumere con un aggettivo il testo di Aristofane, quale userebbe? «Mirabolant­e. Mi piace questa parola, esprime anche l’entusiasmo che mi ha dato lavorare con i miei compagni di viaggio, Francesco Pannofino, Antonio Catania, Gigio Alberti. E la meraviglia di lavorare in un luogo magico. Non credo a nessuna divinità, ma confesso che tra quelle pietre secolari una vibrazione la senti. Perché nel mondo tutto è una frequenza».

Ispirazion­e

Il trombettis­ta: «Ho composto le musiche della commedia con in testa i film di Lynch»

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