Attentato all’immagine: il Tour esclude Froome
Il caso salbutamolo dietro la decisione. Immediato ricorso di Sky al Coni francese
La vicenda
● Lo scorso 7 settembre, nell’urina di Chris Froome, è stata trovata una quantità di salbutamolo doppia rispetto a quella consentita
● Il tribunale indipendente del ciclismo non ha ancora preso una decisione e Froome, nell’attesa, ha partecipato al Giro d’italia vincendolo
Lesa maestà o, in termini più tecnici, possibile attentato all’immagine e alla reputazione del Tour de France. Con questa formula (consentita dall’articolo 28 delle regole d’ingaggio della gara) Amaury Sport Organisation (Aso), proprietaria della più celebre corsa ciclistica del mondo, vuole impedire a Chris Froome, quattro volte vincitore, di prendere parte alla 105ª edizione della Grande Boucle che parte sabato prossimo dalla Vandea.
Il messaggio è stato perfidamente recapitato ai legali del Team Sky, la squadra di Froome, alla fine della scorsa settimana. Obiettivo: accorciare i tempi di reazione. Tentativo in parte fallito: domattina alle 9, a Parigi, il ricorso dello squadrone inglese (supervisionato da Mike Morgan, avvocato di grido delle star sportive) verrà discusso d’urgenza Nel mirino Chris Froome, britannico, 33 anni, quattro volte re del Tour e fresco vincitore del Giro d’italia (Epa) dalla camera d’appello del Comitato olimpico francese, garante della legittimità sul suolo transalpino. Ai giudici il compito di stabilire se il procedimento che pende su Froome (trovata nelle urine una quantità di salbutamolo doppia rispetto al limite consentito lo scorso 7 settembre, in un controllo antidoping alla Vuelta) sia sufficiente a supportare una decisione che impedirebbe al vincitore uscente di giocarsi le sue carte in corsa prima ancora che il tribunale indipendente del ciclismo, che ha sede a Losanna, emetta la sua sentenza. Contro la decisione del Coni francese (che nel 2009, in un caso simile, diede torto ad Aso e ragione al corridore belga Boonen) è possibile un ricorso davvero in extremis al Tas di Losanna.
Sulla vicenda, rivelata ieri dal quotidiano Le Monde, tutti mantengono uno stretto riserbo compreso David Lappartient, il presidente (francese) della Federazione internazionale che ha sempre chiesto a Froome di autosospendersi dalle corse fino al giudizio definitivo, non potendolo fare motu proprio perché per il principio farmacologico contenuto nell’antiasmatico Ventolin non solo non è prevista la sospensione dalle gare ma sono concesse ampie garanzie a difesa dopo la positività. Sulla surreale vicenda (a Froome il Giro d’italia ha invece aperto le porte, rispettando regolamenti e prerogative processuali) pesano l’enorme lentezza del tribunale del ciclismo ma anche l’ipocrisia della Wada, l’agenzia mondiale antidoping. Il salbutamolo ha palesi effetti dopanti ma l’agenzia ne concede l’uso senza autorizzazione terapeutica (e quindi senza verificare se l’atleta sia malato o meno) e in dosaggi (fino a 16 «puff» al giorno) che secondo alcuni esperti sarebbero eccessivi e a rischio di effetti collaterali nocivi anche per chi ha gravi problemi di asma.