Copyright, la riforma divide l’europarlamento Conta all’ultimo voto
Tajani: «Sarà battaglia, ma sono fiducioso sull’esito»
BRUXELLES Eurodeputate di diversi schieramenti hanno drammatizzato facendo trapelare di aver ricevuto perfino minacce di morte e di arresto. Ma l’esito del surriscaldato voto nell’europarlamento sulla nuova direttiva sul diritto d’autore in rete — in programma oggi a Strasburgo — è considerato incerto e destinato comunque a provocare polemiche. I principali gruppi politici, loro componenti nazionali e singoli partiti aderenti si sono divisi al loro interno, a volte con posizioni individuali opposte. «Si annuncia una battaglia all’ultimo voto — ha detto al Corriere della Sera il presidente dell’europarlamento Antonio Tajani —. Ma sono fiducioso sull’esito perché si tratta di un provvedimento fondamentale per tutelare, per esempio, la sopravvivenza dei giornali e della professione giornalistica, ridurre il rischio di fake news in rete, remunerare adeguatamente gli autori e gli editori».
Inizialmente il consenso sembrava ampio sull’obiettivo annunciato di imporre alle multinazionali Usa della rete di pagare adeguatamente articoli di giornali, film, video, foto, musica o libri prodotti nell’ue, eliminando l’attuale pratica di utilizzarli gratis o quasi. Anche perché i vari Google, Facebook, Microsoft, Amazon versano pure tasse minime o quasi nulle domiciliandosi nei paradisi fiscali. Poi — secondo molti eurodeputati — parti della normativa sarebbero risultate ambigue e interpretabili in più modi, mettendo a rischio la «libertà della rete», i piccoli operatori, la possibilità di scambiarsi — senza fini di lucro — informazioni e altri contenuti. Il testo è così passato in commissione giuridica in modo contrastato. Verdi ed Efdd/m5s hanno chiesto e ottenuto il voto dell’intera Assemblea.
Nel mirino è finito il lobbying martellante attuato dalle multinazionali Usa sulla Commissione europea, che ha redatto la proposta iniziale, e sugli eurodeputati, che hanno potere co-decisionale con i governi. L’assenza di adeguate regole di controllo e di trasparenza per i gruppi di pressione impegnati a influenzare le attività Ue — rispetto a quanto è in vigore a Washington — ha reso lecito quasi tutto. Le accuse reciproche di «fake news» e «disinformazione» si sono moltiplicate. Il fatto certo è che rendere ambigue parti del testo ha allargato l’opposizione alla nuova normativa in modo sorprendente. A tanti eurodeputati influenzati dalle ragioni delle varie Google, Facebook, Amazon, Microsoft, si sono aggiunti — con motivazioni diverse — quelli schieratisi con il «popolo della rete libera» e con i piccoli operatori, in genere critici verso le multinazionali.
Se oggi passasse il sì, il testo approvato in commissione andrebbe al negoziato finale tra governi, Camera Ue e Commissione europea. Se vincesse il no, si rinvierebbe a settembre per consentire di votare modifiche.