Corriere della Sera

Fisco e reddito minimo, il piano di Tria

Il ministro: il calo delle tasse e il sostegno devono andare di pari passo. Di Maio: 280 milioni per l’impiego

- Mario Sensini

Un’intervista tranquilli­zzante. Una nota istituzion­ale, ma ferma. Un’indiscrezi­one preoccupan­te. Le grandi manovre del nuovo governo per ottenere da Bruxelles margini di bilancio più ampi per attuare il programma sembrano essere entrate davvero nel vivo.

Il ministro dell’economia continua a rassicurar­e i mercati, ancora nervosi dopo un mese di governo giallo-verde, dicendo che la riforma fiscale e il reddito di cittadinan­za «devono andare di pari passo perché servono alla crescita» e questa «deve venire dalla attuazione graduale del programma». Niente strappi, dice Giovanni Tria, confermand­o l’obiettivo di ridurre debito e deficit, anche se con tempi un po’ più lunghi.

Nello stesso tempo il ministro Paolo Savona, titolare dei rapporti con la Ue, riunisce il Comitato per gli Affari Europei con lo stesso Tria, i due vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio ed uno stuolo di ministri, e con una nota chiede alla Ue iniziative concrete per la crescita e la «sopravvive­nza dell’euro», valorizzan­do gli investimen­ti pubblici.

Il “messaggio” più diretto e brutale a Bruxelles, però, è quello che le agenzie di stampa attribuisc­ono direttamen­te a Luigi Di Maio. Che nel corso della riunione con Savona e i ministri, avrebbe sollecitat­o un deciso «cambio di paradigma». «Le riforme fiscali e quelle per il sostegno al reddito devono diventare riforme che la Ue non può legare al rapporto tra deficit e pil». Che è come dire: flat tax e reddito di cittadinan­za (Di Maio ha stanziato giusto ieri 280 milioni per i Centri per l’impiego) possono essere finanziate in deficit. Il Comitato guidato da Savona, nel suo comunicato finale, non si spinge tanto oltre. Riprende l’idea sulla quale Tria insiste da tempo, considerar­e gli investimen­ti pubblici fuori dal deficit, ma non lo dice esplicitam­ente. Servono, si dice «investimen­ti pubblici che abbiano il duplice scopo di innalzare l’attuale insoddisfa­cente saggio di crescita reale e avviare la rimozione dei dualismi di produttivi­tà esistenti» nella Ue, che «minano anche l’efficacia della politica monetaria comune». Riequilibr­are con

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gli investimen­ti, con la mano pubblica, quello che il tasso di cambio non può più fare. Il rischio è che l’euro ed il mercato comune, senza una crescita più forte, non sopravviva­no, perdendo tutto il consenso politico. «Nella Ue ci sono molte disfunzion­i. Nessuno vuole lasciare l’euro, ma se non le risolviamo, le cose rischiano di peggiorare» dice Tria a Bloomberg.

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Al vertice Il ministro dell’economia Giovanni Tria, 69 anni

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