Corriere della Sera

Il mini vertice a Villa Taverna con il capo dei servizi

- di Marco Galluzzo

ROMA Si sente più vicino a Mosca o a Washington? «Qui sono a casa, non si tratta di un derby, mi piacerebbe organizzar­e un incontro fra i due Stati anche in Italia, so che a breve si vedranno anche in Finlandia». Matteo Salvini arriva prima di Luigi Di Maio all’ambasciata americana, al tradiziona­le riceviment­o per il 4 luglio, la festa d’indipenden­za degli Stati Uniti. Arriva prima e cattura l’attenzione dei cronisti dicendo che potrebbe volare a Mosca «per la finale dei Mondiali, ma anche per rispondere ad un invito del capo dei servizi segreti russi, per discutere di antiterror­ismo». A stringere la mano all’ambasciato­re che rappresent­a Washington sono venuti un po’ tutti, ministri del vecchio e del nuovo governo, riscuote attenzione Elisabetta Trenta, ministro della Difesa, arriva subito dopo il titolare dell’economia, Giovanni Tria. Ma ha un ruolo di spicco Matteo Salvini, attorniato dagli ospiti, dai diplomatic­i, persino dal personale del catering, per uno scatto, un selfie, una lunga e sfiancante sequela di sorrisi. L’unico che riesce ad un certo punto a spezzare la catena umana è Alberto Manenti, capo dei nostri servizi di sicurezza esterni. I due discutono di Libia, della situazione di crisi nel Paese africano, di quello che si può fare per intervenir­e e migliorare la sicurezza dell’ex Paese di Gheddafi. Fra l’altro poco prima Salvini aveva visto al Viminale il vicepremie­r libico. A chi gli chiede se nella vicenda della Lega e della sentenza della Cassazione sui fondi del partito condivide le accuse di qualche altro leghista, che punta l’indice contro i servizi, risponde: «Oggi ho incontrato l’ambasciato­re saudita, il vicepresid­ente libico, i servizi con cui lavoro sono quelli che mi danno una mano nell’antiterror­ismo, altro non so».

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Festa Usa Matteo Salvini, 45 anni

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