SULLA GIUSTIZIA IL PATTO A DUE NON STEMPERA LE RESISTENZE
Anche il leader della Lega, Matteo Salvini, ieri ha affermato di essere «strafelice» dell’alleanza col Movimento Cinque Stelle: irritando Forza Italia, alleata storica del Carroccio; ma confermando che il patto con l’altro vicepremier, Luigi Di Maio, regge. Tuttavia, la sentenza della Corte di Cassazione che ha chiesto il sequestro di ogni euro leghista per recuperare i 49 milioni truffati allo Stato, è un caso. Anche dentro il governo. Di Maio ha detto il minimo, parlando di sentenze da rispettare e scaricando tutto sulla gestione di Umberto Bossi. Ma per il M5S, il tema è dirimente.
Così, quando ieri il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha invitato Salvini a non evocare «scenari che sembrano appartenere più alla Seconda Repubblica», la sorpresa è stata relativa. Semmai, ha colpito il ritardo col quale si è mosso. E l’impressione è che sia la presa di posizione di un esponente del Movimento, che ne conosce gli umori profondi. E sa quanto il tema dell’onestà sia sempre stato una bandiera e un’arma: usati a
Bonafede (M5S) parla di Lega da Seconda Repubblica e Salvini chiede una controversa udienza al Quirinale contro la Cassazione
proposito e a torto. Suona particolarmente bruciante il riferimento alla Seconda Repubblica: allusione neanche troppo criptica agli anni in cui Silvio Berlusconi parlava di «giustizia a orologeria».
Accennarlo in riferimento a Salvini è il segno di una solidarietà governativa che non può andare oltre certi argomenti-tabù; e forse, dell’esigenza di non mostrare esitazioni mentre gli stessi Cinque Stelle sono lambiti dalle inchieste giudiziarie sul nuovo stadio della Roma. E poi, c’è l’inconfessabile soddisfazione di vedere un Salvini sulla difensiva e non solo primattore. A questo si somma il commento duro contro il Carroccio, arrivato dall’anm, che ritiene ai limiti della Costituzione l‘udienza chiesta al Quirinale in polemica con la Cassazione.
Era scontato che al ministro dell’interno le parole di Bonafede non sarebbero piaciute. E infatti, «con tutte le cose importanti a cui sto lavorando, è quella che mi interessa meno», ha risposto ieri. La questione in realtà gli interessa, e gli pesa: altrimenti non avrebbe chiesto il colloquio al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per protestare contro «un attacco gravissimo alla democrazia». Il problema è in che modo potranno essere accolte le sue lamentele.
«Sarei felice di incontrare Mattarella. So che è impegnato all’estero ma già in passato seguì la vicenda. È sensibile al fatto che ci sia diritto di parola e di espressione in Italia», ha detto Salvini, citando il suo ruolo di garante, non sempre però riconosciuto. Ma Mattarella è anche presidente del Consiglio superiore della magistratura. E ha fatto ufficiosamente sapere di essere «all’oscuro di qualsiasi contatto». È già una traccia: quasi un anticipo di risposta a una richiesta controversa.